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Il 30 agosto è la Giornata internazionale delle vittime delle sparizioni forzate.
Ogni anno, in decine di paesi, migliaia di uomini, donne e bambini vengono arrestati senza una ragione, per non essere mai più rivisti. Sono gli scomparsi. Solo nel 2012, Amnesty International ha documentato casi di sparizione in 31 paesi.
In Siria, da quando nel 2011 è iniziata la rivolta che ha dato luogo a un conflitto armato, c’è stato un nuovo, drammatico aumento dei casi di sparizione per ridurre al silenzio gli oppositori e seminare paura tra i loro amici e familiari. Migliaia di persone sono state arrestate, molte delle quali portate in luoghi segreti di detenzione dove sono state torturate. In Siria, tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta, si registrarono circa 17.000 casi di sparizione, per lo di militanti islamisti.
Nello Sri Lanka, dagli anni Ottanta, sono stati denunciati alle Nazioni Unite circa 12.000 casi di sparizione. Il numero effettivo è assai più alto: dal 1994 se ne sono verificati almeno 30.000 e molte migliaia di altri casi si sono aggiunti negli anni successivi.
Oltre un terzo dei paesi dove Amnesty International ha documentato casi di sparizione nel 2012 si trovano nell’Africa Subsahariana: Angola, Ciad, Costa d’Avorio, Eritrea, Gambia, Guinea Equatoriale, Mali, Mauritania, Nigeria, Repubblica Democratica del Congo e Sud Sudan.
Nonostante le costanti richieste dei parenti degli scomparsi, la Missione di amministrazione ad interim delle Nazioni Unite in Kossovo (Unmik), responsabile per le indagini e i procedimenti giudiziari su crimini di diritto internazionale, ha mancato d’indagare su centinaia di casi di sparizione che hanno avuto luogo durante e dopo il conflitto armato del 1998-99.
Nel continente americano, le sparizioni forzate non sono solo un’eredità del passato oscuro e dei governi autoritari degli anni Settanta e Ottanta, ma anche un’agghiacciante pratica attuale.
‘In Colombia e in Messico, le autorità non stanno affrontando un problema di drammatica attualità. I governi di entrambi i paesi non indagano efficacemente né portano alla giustizia i responsabili. L’impunità non fa altro che alimentare nuove sparizioni poiché chi le commette sa di poter evadere la giustizia’ – ha dichiarato Guadalupe Marengo, direttrice del Programma Americhe di Amnesty International.
In altri paesi del continente – tra cui Argentina, Bolivia, Cile, El Salvador, Guatemala, Haiti, Perú e Uruguay – migliaia di persone risultano ancora scomparse decenni dopo la fine di conflitti interni e della repressione politica.
‘Per conseguire verità e giustizia, è assolutamente essenziale che i parenti delle vittime scoprano che fine hanno fatto i loro cari congiunti scomparsi. Ogni persona è importante. Dietro l’orribile dato di migliaia di scomparsi si cela il dolore e il trauma dei parenti’ – ha concluso Marengo.
In Messico, oltre 26.000 persone risultano scomparse o disperse tra il 2006 e il 2012, molte delle quali ad opera delle forze di sicurezza o di bande criminali. Il pressoché completo fallimento delle indagini sulla gran parte dei casi impedisce di sapere quanti realmente siano i casi in cui pubblici ufficiali siano stati coinvolti nelle sparizioni. La Commissione nazionale dei diritti umani si sta occupando attualmente di 2400 casi.
‘L’impunità resta quasi totale e, nonostante le ripetute promesse delle autorità, la ricerca delle vittime è ancora inefficace. Il governo messicano non sembra realmente impegnato a porre fine alle sparizioni forzate’ – ha dichiarato Rupert Knox, ricercatore di Amnesty International sul Messico.
‘Le autorità sono inclini ad attribuire alle bande criminali tutti i casi di sparizione, ignorando il fatto che hanno la responsabilità di prevenire e punire i casi in cui sono implicati pubblici ufficiali e il dovere di indagare su tutti i casi attraverso la giustizia ordinaria. I parenti degli scomparsi spesso si vedono negate le informazioni e sono costretti a compiere indagini autonomamente e a grande rischio personale. È la loro coraggiosa e costante domanda di verità e giustizia che tiene accesa la fiamma della speranza’ – ha sottolineato Knox.
Soltanto nella città di Nuovo Laredo e nello spazio di sei giorni dal 29 luglio al 3 agosto 2013, quattro persone sono scomparse dopo essere state fermate e arrestate in diversi posti di blocco della marina militare. Nonostante le testimonianze oculari, le autorità negano ogni responsabilità e il governo non ha fatto nulla per rintracciare le vittime.
Il lungo conflitto interno ha lasciato dietro di sé, dal 1985, almeno 25.000 scomparsi. Secondo dati ufficiali, nel 2012 vi sono stati almeno altri 190 casi.
‘Le sparizioni forzate compiute dai paramilitari e dalle forze di sicurezza, da soli o in collaborazione, sono state una costante di mezzo secolo di conflitto armato e molti altri casi continuano a essere denunciati’ – ha dichiarato Marcelo Pollack, ricercatore di Amnesty International sulla Colombia.
‘Assai pochi responsabili sono stati portati di fronte alla giustizia. Le recenti misure legislative atte ad ampliare la giurisdizione militare renderanno, con ogni probabilità, ancora più difficile processare i presunti responsabili delle violazioni dei diritti umani, comprese le sparizioni forzate’ – ha sottolineato Pollack.
Sia il Messico che la Colombia hanno ratificato la Convenzione internazionale per la protezione di tutte le persone dalle sparizioni forzate ma finora non hanno riconosciuto l competenza del Comitato sulle sparizioni forzate, l’organismo incaricato di ricevere ed esaminare denunce individuali. In questo modo, hanno messo in dubbio la loro effettiva volontà di applicare la Convenzione.
In altri paesi del continente le sparizioni forzate non sono più frequenti come in passato ma si verificano ancora.
Amarildo, un muratore di Rocinha, la più grande favela di Rio de Janeiro, è scomparso il 14 luglio dopo essere stato arrestato da un agente di polizia che lo aveva scambiato per uno spacciatore ricercato dalla giustizia. Numerose organizzazioni per i diritti umani hanno denunciato la sua sparizione. La polizia sostiene che l’uomo è stato rilasciato dopo un controllo nel casellario giudiziario ma nessuno dei suoi parenti e amici lo ha più visto. Le telecamere di sorveglianza nei pressi della stazione di polizia hanno registrato il suo ingresso, ma non la sua uscita.
Juan Almonte, ragioniere e componente del Comitato dominicano dei diritti umani, è stato visto per l’ultima volta il 28 settembre 2009, quando secondo testimoni oculari è stato arrestato dalla polizia mentre si stava recando al suo ufficio nella capitale Santo Domingo.
La polizia ha sempre negato di averlo arrestato e le autorità non hanno mai dato seguito alle ripetute richieste di aprire un’indagine formulate dalla Commissione interamericana dei diritti umani e dalla Corte interamericana dei diritti umani. Dopo la sua sparizione, i suoi avvocati e i suoi familiari hanno denunciato di essere stati posti sotto sorveglianza. La sorella di Juan Almonte ha ricevuto numerose telefonate anonime in cui le veniva intimato di smetterla di denunciare la sparizione del fratello.