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In occasione dell’Esame periodico universale, l’appuntamento durante il quale gli stati membri del Consiglio Onu di diritti umani valutano la situazione dei diritti umani in un determinato paese, e a cui è stata sottoposta la Libia il 9 novembre, i rappresentanti del governo di Tripoli hanno accettato raccomandazioni di taglio generale sulla promozione e sulla protezione dei diritti umani, ma hanno respinto quelle relative a specifiche violazioni e ai rimedi per porvi fine. Questo atteggiamento, secondo Amnesty International e Human Rights Watch, solleva seri dubbi sulla dichiarata volontà del governo di Tripoli d’introdurre riforme.
Gli stati membri del Consiglio Onu dei diritti umani avevano sollecitato la Libia a garantire la libertà d’informazione e di associazione, a fare luce sulle gravi violazioni dei diritti umani avvenute in passato (tra cui l’esecuzione di massa di 1200 prigionieri nel carcere di Abu Salim nel 1996), a rilasciare le persone sottoposte a detenzione arbitraria, ad adottare un sistema normativo adeguato a proteggere rifugiati, richiedenti asilo e migranti e, infine, ad abolire la pena di morte.
Nel corso dell’Esame periodico universale cui è stata sottoposta, la Libia ha mantenuto posizioni molto rigide, negando qualsiasi diritto ai rifugiati e rifiutando di riesaminare pratiche quali le detenzioni a tempo indeterminato, le torture, i maltrattamenti e le espulsioni arbitrarie. Nonostante l’avesse promesso, il governo di Tripoli ha respinto le raccomandazioni di ratificare la Convenzione dell’Onu sullo status di rifugiato e di firmare un memorandum d’intesa con l’Agenzia per i rifugiati delle Nazioni Unite, espulsa dal paese quest’anno a giugno e riammessa un mese dopo a svolgere solo attività limitate, dalle quali sono escluse le visite ai centri di detenzione o l’esame delle richieste di asilo.
Amnesty International e Human Rights Watch ritengono che, per manifestare una reale volontà di collaborare con il Consiglio Onu dei diritti umani, la Libia dovrebbe immediatamente mettere in programma le visite, da tempo sollecitate, del Relatore speciale Onu sulla libertà d’espressione e del Gruppo di lavoro sulle detenzioni arbitrarie; invitare il Relatore speciale Onu sulla tortura; consentire infine libero accesso alle organizzazioni internazionali indipendenti per i diritti umani, tra cui le stesse Amnesty International e Human Rights Watch.
Mercoledì 17 novembre, presso la Sala del Mappamondo della Camera dei deputati, si è svolto il seminario pubblico organizzato dalla Sezione Italiana di Amnesty International, ‘La Libia di domani: quale speranza per i diritti umani?’. Sono intervenuti Diana Eltahawy, ricercatrice di Amnesty International del Segretariato internazionale sul Nord Africa, Matteo Mecacci, deputato della Commissione Affari esteri e relatore dell’Assemblea parlamentare dell’Osce per Democrazia, Diritti umani e Questioni umanitarie, Enrico Pianetta, deputato della Commissione Affari esteri. Ha moderato Riccardo Noury, portavoce della Sezione italiana di Amnesty International. Guarda il video del seminario.