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La decisione della Nato di sospendere i trasferimenti di detenuti alle forze afgane a seguito di denunce di tortura mette in evidenza le responsabilità della comunità internazionale per l’assenza delle basi fondamentali dello stato di diritto.
La decisione, a lungo sollecitata da Amnesty International, è stata presa il 6 settembre dopo che erano trapelate informazioni su un rapporto delle Nazioni Unite che denunciava l’uso sistematico della tortura in alcuni centri di detenzione diretti dalla Direzione nazionale per la sicurezza (Dns). Secondo questo rapporto, i prigionieri verrebbero regolarmente picchiati con tubi di gomma e minacciati di violenza sessuale. Le Nazioni Unite avrebbero già inviato il rapporto al governo di Kabul.
La Nato ha reso noto che i centri di detenzione verso cui sono stati sospesi i trasferimenti comprendono le prigioni di Kunduz e di Tarin Kowt, gestite dalla polizia e quelle di Herat, Khost, Lagmna, Kapisa e Takhar, dirette dall’Nsd, oltre a un struttura antiterrorismo denominata Dipartimento 124. La Nato ha dichiarato che indagherà sulle denunce di tortura.
‘Invece di affrontare il problema nel corso degli anni, le forze Isaf a guida Nato hanno lasciato degenerare la situazione fino a perderne il controllo. Ora dovrebbero spiegare come sia potuto succedere‘ – ha dichiarato Sam Zarifi, direttore di Amnesty International per l’Asia e il Pacifico.