Donald Trump - © Alex Wong/Getty Images
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“Non avevo scelta se non quella di lasciare mio figlio a un amico e sua moglie. È stato terribile, ma cosa potevo fare?”
Baraa Ahmed non avrebbe mai creduto di dover raccontare questa storia. In fuga da un paese in guerra, lo Yemen, il suo unico desiderio era regalare a sua moglie e ai suoi figli la libertà.
Nel 2014 sembrava che il sogno si stesse per realizzare: Baraa ottiene la naturalizzazione americana. Quando in Yemen scoppia la guerra, torna in patria per proteggere la sua famiglia e fuggire, attraverso la Malesia, dalle bombe.
Proprio in Malesia la moglie partorisce il terzo figlio, che però non era incluso nelle richieste di asilo per ricongiungimento familiare.
“Se avessimo deciso di restare in Malesia – racconta Ahmed – il visto USA a causa del “ban” sarebbe scaduto e non ci sarebbe stato più il modo di riunirci. Così abbiamo lasciato il neonato ad alcuni amici in Malesia. Poi sarei tornato indietro a riprenderlo. Il nuovo provvedimento Trump ha bloccato tutto“.
Questo è solo uno degli effetti devastanti a meno di cento giorni dall’insediamento del neo presidente degli Stati Uniti.
Effetti che potrebbero moltiplicarsi se l’amministrazione a guida Trump riuscisse nell’intento di introdurre, nonostante il nuovo stop del 15 marzo, le norme previste dal “Muslin ban”.
Il decreto, bloccato da una sentenza del giudice distrettuale delle Hawaii Derrick K. Watson che ne sottolinea gli aspetti discriminatori, introduceva misure discriminanti e dannose nei confronti di cittadini, inclusi i rifugiati, provenienti da sei paesi a maggioranza musulmana e interrompe temporaneamente la possibilità di reinsediamento negli Stati Uniti per i rifugiati provenienti da qualsiasi paese.
“Il pericolo è chiaro la legge è chiara, il bisogno per il mio ordine esecutivo è chiaro. Lotteremo e vinceremo” ha dichiarato Trump commentando la decisione di bloccare il suo provvedimento.
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“L’ultima volta che ho visto mio marito è stato quando ci siamo sposati, un anno fa“.
Un altro cittadino yemenita è da oltre un anno costretto, dalle politiche di Trump, a non riabbracciare la moglie. Sposato con una cittadina americana, aveva avviato tutte le procedure necessarie per ottenere il permesso di vivere negli Stati Uniti.
“Secondo Trump, la vicenda di mio marito deve essere risolta dal governo yemenita – . Ma lì c’è una guerra: di quale governo stiamo parlando?”.
Per questo motivo, anni fa, ha lasciato lo Yemen e nel 2014 ha ottenuto la naturalizzazione.
“Non abbiamo certezze su cosa accadrà e su quando potremo rivederlo“
La storia della famiglia yemenita non è un caso isolato. Lo conferma la disperazione di Amir, che sta tentando di riportare il padre negli USA. Il ragazzo, iraniano canadese, frequenta la scuola medica in West Virginia. Suo padre, da anni negli Usa, si era recato a Teheran per il funerale di un familiare. Aveva già acquistato il biglietto per tornare a casa, ma ora è bloccato.