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Amnesty International ha condannato l’arresto di cinque uomini e una donna che lavorano nell’industria cinematografica iraniana. L’organizzazione per i diritti umani ha sollecitato la loro scarcerazione immediata e incondizionata, trattandosi di persone imprigionate solo per aver esercitato pacificamente il diritto alla libertà d’espressione o per aver avuto contatti con mezzi d’informazione esteri, come la British Broadcasting Corporation (Bbc).
Cinque direttori di documentari (Hadi Afarideh, Shahnam Bazdar, Naser Saffarian, Mohsen Shahrnazdar e Mojtaba Mir Tahmasb) e la produttrice e distributrice Katayoun Shahabi sono stati arrestati il 17 settembre 2011. Si ritiene siano detenuti nella sezione 209 del carcere di Evin a Teheran, diretta dai servizi segreti iraniani. Le loro famiglie stanno ricevendo pressioni per non parlare degli arresti.
Il 19 settembre, gli organi d’informazione iraniani hanno annunciato che erano state arrestate sei persone, accusate di ‘aver fornito a Bbc Persian informazioni, immagini filmate e documenti segreti allo scopo di descrivere in modo negativo l’Iran e gli iraniani’. I loro nomi sono stati resi noti in seguito. Tutti e sei avevano venduto i loro materiali alla Bbc per un documentario sulla vita della Guida suprema, l’ayatollah Ali Khamenei. Le parabole satellitari sono proibite in Iran e la trasmissione del documentario all’interno del paese è stata impedita.
Il 25 settembre, il ministero dell’Intelligence ha annunciato, senza precisarne il numero, che ‘altre persone’ accusate di essere state in contatto con Bbc Persian erano state convocate per interrogatori.
Da gennaio 2010, sono vietati i contatti con oltre 60 enti stranieri, tra cui la Bbc e altri organi d’informazione, e alcune organizzazioni per i diritti umani. Chi abbia rapporti con questi soggetti rischia il carcere. La decisione delle autorità iraniane pare essere stata mossa dall’intento di nascondere al mondo la verità su quanto accade in Iran e di ostacolare il flusso di informazioni sulle violazioni dei diritti umani.
Gli ultimi arresti esemplificano in modo esauriente fino a che punto i servizi di sicurezza iraniani stiano cercando di azzerare ogni voce dissidente all’interno dell’Iran e di isolarne la popolazione dal resto del mondo, attraverso la criminalizzazione dei rapporti con i mezzi di comunicazione stranieri e con altre organizzazioni.
Tre degli arrestati, Naser Saffarian, Mojtaba Mir Tahmasb e Katayoun Shahabi, hanno avuto l’autorizzazione a fare brevi telefonate ai familiari per confermare quanto era accaduto. Da allora né loro né gli altri tre arrestati hanno potuto avere contatti con l’esterno.
Katayoun Shahabi è stata arrestata quando un’agente dei servizi segreti ha bussato alla porta della sua abitazione, sostenendo che era incinta e che aveva bisogno d’aiuto. All’apertura della porta, l’agente si è tolta l’imbottitura dal vestito e ha fatto spazio a tre colleghi che hanno effettuato una rovinosa perquisizione e portato via Shahabi insieme ad alcuni effetti personali.
Mojtaba Mir Tahmasb è il regista di ‘This is not a film’, un documentario che descrive la vita del collega Ja’far Panahi da quando nel dicembre 2010 è stato condannato al carcere e al divieto di girare film. Il 5 settembre, prima di partire per la Mostra del cinema di Venezia (dove avrebbe dovuto assistere alla proiezione del suo documentario e prendere parte a una tavola rotonda su cinema e diritti umani, organizzata tra gli altri da Amnesty International), gli era stato confiscato il passaporto. È stata sua moglie a presentare ‘This is not a film’ in alcuni festival. Al suo rientro, ha trovato la casa danneggiata da una perquisizione dei servizi segreti. Secondo i mezzi d’informazione iraniani, che citano autorità e gruppi finanziati dal governo, Mir Tahmasb e sua moglie sono delle ‘spie’.
All’indomani degli arresti, la Casa del cinema iraniana, un’organizzazione professionale dell’industria cinematografica, ha emesso un comunicato in cui chiede il rispetto dei diritti umani dei suoi soci e la piena aderenza alle garanzie di legge. Questa dichiarazione ha suscitato pesanti critiche da parte di alcuni rappresentanti delle istituzioni iraniane, compresi alcuni parlamentari che hanno chiesto la sospensione della licenza dell’organizzazione.
Nel luglio 2010, il governo ha creato l’Alto consiglio del cinema, presieduto dal presidente dell’Iran e diretto dal ministro della Cultura e della guida islamica, sostenuto da sei professionisti filo-governativi. L’Alto consiglio del cinema è la principale fonte di finanziamento per le produzioni dei film. Tutte le attività cinematografiche, comprese quelle della Casa del cinema, devono essere coordinate da questo organismo.
Ulteriori informazioni
Il cinema iraniano è famoso in tutto il mondo e numerosi film iraniani hanno vinto premi internazionali, grazie alla creatività con cui i registi hanno saputo aggirare la penetrante censura di stato.
Tra gli altri casi di recenti violazioni dei diritti umani nei confronti degli appartenenti all’industria cinematografica, Amnesty International segnala quello dell’attrice Marzieh Vafamehr, arrestata nel giugno 2011 e da allora detenuta nel carcere di Gharchak, a Varamin, nel sud-est dell’Iran. Il 4 agosto suo marito ha riferito che l’ordine di custodia era stato prolungato di un altro mese. Amnesty International non è in possesso di notizie più aggiornate rispetto alla sua situazione legale.
Nel luglio 2011 sono state arrestate le registe Mahmaz Mohammadi e Pegah Ahangarani e la fotogiornalista Maryam Majd. Le tre donne sono poi state scarcerate dietro pagamento di una cauzione.
Nel dicembre 2010, Ja’far Panahi e Mohammad Rasoulof, due acclamati registi di fama internazionale, sono stati condannati a sei anni di carcere. Panahi è stato anche condannato al divieto di fare film per 20 anni. Entrambi restano liberi in attesa dell’esito del processo d’appello. Panahi non può neanche recarsi all’estero, mentre nel maggio 2011 è stato annullato il divieto di viaggiare all’estero, in vigore dal 2009, nei confronti di Rasoulof.
Dalle elezioni presidenziali del 2009, registi di fama internazionale come Abbas Kiarostami, Mohsen Makhmalbaf e Bahman Ghobadi hanno lasciato il paese. Prima delle elezioni, numerosi poster e cartelloni raffiguranti la nota attrice Fatemeh Motamed Arya erano stati danneggiati o incendiati. Il suo nome è stato messo al bando e i film in cui recitava sono stati sottoposti a un nuovo montaggio per rimuovere le parti in cui era presente. Si era limitata a rilasciare interviste nelle quali sosteneva che gli iraniani amano la vita e preferiscono la pace, di fronte alle minacce internazionali contro il paese.