Le restrizioni per contrastare la pandemia hanno acuito la discriminazione contro i gruppi più marginalizzati

31 Maggio 2022

Photo by ERNESTO BENAVIDES/AFP via Getty Images

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I gruppi marginalizzati come le persone Lgbti+, le lavoratrici e i lavoratori del sesso, le persone senza dimora e i consumatori di droghe sono stati colpiti in modo sproporzionato dalle restrizioni adottate per contrastare la pandemia da Covid-19 e hanno subito ulteriori forme di discriminazione e violazioni dei diritti umani.

È quanto ha dichiarato oggi Amnesty International in un nuovo rapporto sull’impatto globale delle restrizioni dovute alla pandemia.

Basato su un sondaggio online che ha coinvolto 54 organizzazioni della società civile di 28 stati, il rapporto illustra come un approccio apertamente punitivo nell’applicazione delle norme sul contrasto alla pandemia ha prodotto multe, arresti e imprigionamenti nei confronti di chi non rispettava le misure di salute pubblica, esponendo gruppi già marginalizzati a ulteriori minacce e violenze da parte delle forze di sicurezza. Quell’approccio ha inoltre fatto sì che questi gruppi avessero minore accesso a servizi essenziali come cibo, cure mediche e alloggi.

Oltre due terzi degli intervistati (il 69 per cento) ha dichiarato che la risposta delle autorità alla pandemia da Covid-19 ha ampliato l’impatto negativo delle norme e dei regolamenti già in vigore che criminalizzavano e marginalizzavano le persone con cui lavorano. Di quella percentuale, il 90 per cento ha riferito che le comunità con cui lavorano sono state specificamente prese di mira e/o colpite in modo sproporzionato dall’applicazione delle misure di contrasto alla pandemia, ad esempio attraverso multe, arresti, avvertenze, ammonimenti scritti e ordinanze di polizia con l’imposizione di “spostarsi” o di stare alla larga da luoghi pubblici.

“Sebbene le misure per il contrasto alla pandemia siano state diverse da paese a paese, l’approccio dei governi è stato fallimentare allo stesso modo. La scelta di porre eccessiva enfasi sull’uso di sanzioni nei confronti di chi non rispettava le norme, piuttosto che sull’aiutare le persone a rispettarle, ha avuto un effetto gravemente sproporzionato su coloro che erano già sistematicamente discriminati”, ha dichiarato Rajat Khosla, direttore delle politiche di Amnesty International.

“Quando i governi ricorrono a un approccio punitivo per far rispettare le misure di salute pubblica, rendono solo più complicato rispettarle. Persone che avevano perso improvvisamente tutti i mezzi di sostentamento e quelle senza dimora sono state criminalizzate anziché aiutate ad accedere ad alloggi e ad altri servizi essenziali”, ha aggiunto Khosla.

“Tale visione miope ha lasciato questi gruppi in balia di operazioni di polizia violente e discriminatorie e ha spinto le persone a compiere scelte più rischiose per soddisfare i propri bisogni. Ne sono derivate malattie prevenibili, morti e un lungo elenco di violazioni dei diritti umani”, ha sottolineato Khosla.

 

Operazioni di polizia punitive 

Gruppi che erano già abbondantemente oggetto di operazioni di polizia prima della pandemia sono stati sottoposti a discriminazione, uso illegale della forza e arresti arbitrari.

Un’ampia maggioranza (il 71 per cento) delle 54 organizzazioni che hanno risposto ad Amnesty International ha affermato che persone appartenenti alle comunità con le quali lavorano – ad esempio lavoratrici e lavoratori del sesso, consumatori di droga, persone Lgbti+ e persone che avevano necessità di abortire – sono state punite per aver violato le misure per il contrasto alla pandemia.

Secondo l’organizzazione messicana per i diritti umani “Elementa”, la “guerra alla droga” ha reso possibile per le forze di polizia prendere di mira, nell’applicazione delle misure contro la pandemia, persone che usavano o possedevano droga. Una storia che ha generato massicce proteste è quella di un operaio edile, che si trovava sotto l’effetto di droghe, che sarebbe stato arrestato nello stato di Jalisco per non aver indossato la mascherina e che è morto in una stazione di polizia giorni dopo. Il suo corpo era pieno di lividi e mostrava una ferita da arma da fuoco su una gamba.

In Belize, Filippine, Indonesia, Messico, Nigeria, Regno Unito, Tanzania e Uganda le organizzazioni della società civile che lavorano su temi quali i diritti delle persone Lgbti+, la riforma delle politiche sulla droga, i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori del sesso e il diritto all’alloggio hanno denunciato l’aumento della sorveglianza e delle intimidazioni ai danni delle comunità marginalizzate, colpite in modo sproporzionato da arresti, multe e imprigionamenti durante la pandemia.

In Argentina, un’organizzazione di lavoratrici e lavoratori del sesso ha denunciato casi di violenza da parte della polizia contro lavoratrici del sesso transgender, tra cui pestaggi, perquisizioni e detenzioni arbitrarie. Lavoratrici e lavoratori del sesso sono stati presi di mira dalla polizia per aver violato la quarantena mentre si recavano nella farmacia o nel supermercato di quartiere.

 

Stigma e ostacoli nell’accesso a protezione sociale, cure mediche e alloggi adeguati 

La tendenza degli stati a ricorrere a misure punitive di contrasto alla pandemia ha ulteriormente ostacolato l’accesso a servizi e a forme di sostegno essenziali, soprattutto per quanto riguarda le persone povere e quelle sottoposte a discriminazione sistematica. I gruppi marginalizzati sono stati spesso additati, anche da pubblici ufficiali, per aver diffuso il virus violando le misure di contrasto. Ciò ha favorito l’aumento della violenza contro quei gruppi, scoraggiandoli tra l’altro dal ricorrere all’assistenza medica per il timore di essere arrestati, imprigionati e giudicati.

Sebbene molti governi abbiano adottato alcune misure di protezione sociale, in generale è venuta meno l’attenzione alla realtà sociale ed economica in cui venivano applicate ed è mancato quasi sempre un sostegno complessivo alle comunità più marginalizzate.

Tra coloro che hanno subito un impatto negativo sproporzionato figurano i lavoratori dei settori informali o in impieghi insicuri. In Nepal, molti dalit che vivono al di sotto della soglia della povertà e che si basano su piccole entrate quotidiane hanno contratto enormi debiti e hanno sofferto la fame.

Le organizzazioni intervistate da Amnesty International hanno inoltre denunciato lo stigma verso persone Lgbti+, che per esempio sono state escluse dalle forniture gratuite di cibo e dall’accesso ai centri di crisi in vari stati, tra cui Indonesia e Zambia.

Le misure di contrasto alla pandemia hanno anche avuto un impatto negativo sulla fornitura di servizi di medicina essenziali. In particolare, l’accesso ai servizi gestiti dalle comunità e i progetti in favore di persone marginalizzate sono risultati fortemente limitati se non addirittura indisponibili perché il sistema sanitario era concentrato nella risposta alla pandemia.

In Canada strutture mediche gestite in partenariato con le autorità sanitarie nell’ambito di progetti in favore delle lavoratrici e dei lavoratori del sesso sono state smantellate e lo stesso è accaduto su ampia scala in stati dell’Africa orientale.

In alcuni stati, poi, la pandemia è stata sfruttata per ridurre ulteriormente l’accesso a servizi di medicina essenziali, come i programmi di riduzione del danno e l’interruzione di gravidanza. In India l’organizzazione “Hidden Pockets Collective” che si batte per i diritti sessuali e riproduttivi ha denunciato che all’inizio della pandemia il governo non ha riconosciuto l’aborto come servizio di medicina essenziale, col risultato che molte donne si sono viste respingere in quanto in tempo di pandemia non c’era spazio per l’aborto. La paura di essere giudicate ha spinto molte donne a non dire alla polizia, durante il lockdown, che si trovavano fuori dalle loro abitazioni per ricevere cure mediche.

“Invece di basarsi su misure punitive che fanno ricadere tutta la responsabilità e la colpa su persone che già subivano una discriminazione sistematica, i governi avrebbero dovuto proteggere i diritti umani di tutte e di tutti e assicurare alle comunità marginalizzate pieno accesso alle cure mediche e ai servizi essenziali per la loro protezione”, ha commentato Khosla.

“Questa è una lezione fondamentale che i governi devono apprendere, proprio mentre stanno negoziando un trattato, sotto gli auspici dell’Organizzazione mondiale della sanità, per migliorare la prevenzione delle pandemie, la tempestività della preparazione e l’efficacia della risposta. Mettere i diritti umani al centro degli sforzi dei governi per affrontare le emergenze di salute pubblica non è un’opzione, ma un obbligo”, ha concluso Khosla.