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Editoriale
di Emanuele Russo, presidente di Amnesty International Italia
Cara amica, caro amico,
negli ultimi mesi abbiamo visto come la pandemia abbia peggiorato situazioni già gravi di violazioni dei diritti umani e ne abbia create di nuove. L’ineguale distribuzione dei vaccini, causata dalla maggiore capacità di acquisto dei paesi più ricchi, ha permesso ad alcune aree del pianeta di uscire più rapidamente dai lockdown e di contenere la variante Delta.
Tra coloro che sono rimasti esclusi dalle misure adottate per fronteggiare il virus ci sono anche i migranti. La pandemia ha avuto un impatto durissimo sulla vita di rifugiati, richiedenti asilo e migranti, intrappolandoli in campi profughi, tagliando loro rifornimenti vitali o intensificando le chiusure alle frontiere. Per queste persone, i rischi del Covid-19 non si limitano al contagio, ma comprendono anche un peggioramento generale della loro condizione, nel totale silenzio della comunità internazionale, come nel caso dei migranti imprigionati nei centri di detenzione libici, luoghi dove si consumano violenze terribili e sistematiche. L’Unione europea ha ormai completamente dismesso il controllo delle rotte nel Mediterraneo, monitorando dall’alto attraverso l’uso di droni e affidando i soccorsi in mare alla guardia costiera libica, la cui ferocia è stata ampiamente documentata. La pandemia non può sollevare la politica dalle sue responsabilità in altri ambiti, soprattutto quando si tratta di diritti umani fondamentali.
E questa responsabilità riguarda anche il sostegno alla popolazione afgana. È per questo che Amnesty International, insieme ad altre associazioni, ha avanzato una serie di richieste al governo italiano alla luce di quello che sta accadendo in Afghanistan, tra cui l’apertura di corridoi umanitari, l’aumento delle quote di reinsediamento, la garanzia del diritto d’asilo.