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L’approvazione in seconda lettura alla Camera del disegno di legge sull’intelligenza artificiale (AC.2316), senza alcuna modifica sostanziale rispetto alla versione precedente, rappresenta un’occasione mancata per garantire un’adeguata protezione dei diritti fondamentali. A denunciarlo è la Rete per i diritti umani digitali, coalizione di organizzazioni della società civile composta da The Good Lobby, Amnesty International Italia, Hermes Center, Period Think Tank, Privacy Network e Strali.
Il testo è ora atteso per una terza votazione al Senato, dopo che questo secondo passaggio alla Camera ha confermato la volontà della maggioranza parlamentare di privilegiare un’azione governativa priva di vincoli rispetto a un sistema di tutele e garanzie individuali.
Una magra consolazione è rappresentata dal fatto che le opposizioni, anche grazie all’incessante lavoro della Rete, siano riuscite a portare nel dibattito parlamentare temi cruciali per i diritti, sebbene tutti gli emendamenti garantisti siano stati respinti.
Tra le occasioni mancate la Rete sottolinea in particolare la proposta di istituire un’autorità indipendente per l’intelligenza artificiale, respinta in favore di un controllo diretto da parte dell’esecutivo, esercitato tramite agenzie governative individuate dal governo stesso (AgID e ACN). Un esempio della criticità di questa scelta è rappresentato dalla partecipazione di Bruno Frattasi, direttore generale dell’Agenzia per la cybersicurezza, a un evento elettorale di Fratelli d’Italia nel 2024.
“Ci opponiamo a qualsiasi affiliazione politica delle autorità preposte alla governance dell’intelligenza artificiale, una tecnologia che offre enormi opportunità di sviluppo economico e sociale, ma che comporta anche gravi rischi per la libertà e i diritti delle persone. Rischi che, in assenza di un’autorità indipendente, hanno maggiori probabilità di concretizzarsi”, dichiara Laura Ferrari, responsabile relazioni istituzionali della Rete per i diritti umani digitali.
Ma non è solo questa la proposta rilevante ad essere stata bocciata. È stata infatti respinta la proposta di assegnare al Garante per la protezione dei dati personali il compito di tutelare le persone che ritengano di aver subito una violazione dei propri diritti umani – come il diritto alla salute, alla non discriminazione, alla libertà di opinione ed espressione – a causa dell’uso di un sistema di intelligenza artificiale. La proposta del Partito Democratico, illustrata dall’onorevole Di Sanzo, mirava a garantire il cosiddetto “diritto alla spiegazione”, uno dei meccanismi di tutela previsti dall’AI Act, che consente alle persone di ottenere chiarimenti su come è stata presa una decisione automatizzata.
Non è andata meglio all’emendamento e alla mozione dell’onorevole Iaria (Movimento 5 Stelle), che proponeva di introdurre un divieto totale alla sorveglianza biometrica in tempo reale. Sebbene l’AI Act vieti teoricamente questa pratica, le ampie eccezioni previste ne svuotano l’efficacia. L’approvazione dell’emendamento avrebbe rappresentato un passo avanti, seppur parziale, nella protezione dei diritti individuali da una possibile sorveglianza di massa. La Rete per i diritti umani digitali chiede infatti anche il divieto della sorveglianza biometrica a posteriori, classificata dall’AI Act come sistema ad alto rischio e soggetta ad alcuni obblighi che, tuttavia, non garantiscono un’adeguata tutela dei diritti fondamentali.
In questo contesto si inserisce la legge che ha convertito il decreto-legge sicurezza, introducendo l’uso delle body-cam da parte degli agenti di polizia senza prevedere disposizioni relative alla conservazione dei dati e alle finalità d’uso. In assenza di queste garanzie, e di codici identificativi univoci per gli agenti in servizio, ogni persona ripresa potrà essere analizzata, identificata e schedulata anche a distanza di tempo, qualora ritenuta “rilevante” per un’indagine. Questo approccio espone ogni persona al rischio di sorveglianza generalizzata, con gravi conseguenze per la libertà di espressione, manifestazione e partecipazione alla vita pubblica.
La Rete disapprova anche il respingimento degli emendamenti volti a introdurre obblighi di trasparenza sull’utilizzo dei sistemi di riconoscimento biometrico, come la pubblicazione trimestrale dei dati sull’uso del sistema SARI da parte degli agenti di polizia e una relazione annuale del Garante con informazioni sugli errori di riconoscimento, le tipologie di reati e i contesti di utilizzo.
“La legge sull’intelligenza artificiale approvata oggi alla Camera conferisce un potere eccessivo al governo, privo di adeguati contrappesi democratici, lasciando scoperta la protezione dei diritti”, conclude Laura Ferrari, della Rete per i diritti umani digitali.