Sascha Girke, one of the iuventa crew members, at sea
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L’EUROPA È COMPLICE
di Matteo de Bellis,
ricercatore del Segretariato Internazionale di Amnesty International
Il 2021 è ancora in corso, ma sono bastati i primi mesi dell’anno per segnare il triste record di persone catturate in mare dai guardacoste libici e riportate in Libia, che a fine agosto avevano già superato quota 21.000.
Ovviamente, dietro ai numeri, ci sono donne, uomini, bambini. E sono le storie di queste persone (raccolte da Amnesty International lo scorso luglio nel rapporto “Nessuno verrà a cercarti: i ritorni forzati dal mare ai centri di detenzione della Libia”) a darci la misura dell’orrore che aspetta chi viene sbarcato in Libia e detenuto illegalmente, in condizioni disumane, nei centri di detenzione governativi.
Le donne detenute a Shara al-Zawiya ci hanno raccontato che le guardie commettono stupri ed estorcono prestazioni sessuali in cambio di cibo o libertà, che due donne hanno tentato il suicidio e che due bambini sono morti per mancanza di cure. Non migliore è la situazione nel centro di detenzione Al-Mabani, dove torture ed estorsioni sono all’ordine del giorno e dove ad aprile le guardie hanno sparato contro rifugiati e migranti disarmati, uccidendo una persona e ferendone molte altre. E casi di violenze sono documentati anche in altri cinque centri di detenzione.
Nonostante la situazione, Italia e Ue restano impegnate in attività che intrappolano rifugiati e migranti nei centri di detenzione.