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Amnesty International ha sollecitato le autorità libanesi a interrompere i rimpatri forzati di cittadini siriani, che negli ultimi tre mesi hanno riguardato 2447 persone.
Questi rimpatri di massa sono la conseguenza della decisione, assunta il 13 maggio 2019 dall’Alto consiglio della difesa, di rimpatriare i rifugiati entrati “illegalmente” in Libano dopo il 24 aprile 2019. L’Alto consiglio della difesa è un organismo interministeriale, diretto dal presidente della Repubblica, che si occupa delle politiche di difesa nazionale.
“Fino a quando non sarà consentito l’accesso in Siria a organismi indipendenti e alla Commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite, allo scopo di accertare se i rifugiati siriani tornino in condizioni di sicurezza, i rimpatri devono essere immediatamente sospesi“, ha dichiarato Lynn Maalouf, direttrice delle ricerche di Amnesty International sul Medio Oriente.
“L’accesso e il monitoraggio all’interno della Siria dovrebbero essere il primo punto di un programma di ritorni. See attualmente i rischi relativi al ritorno in Siria non possono essere determinati, ogni rimpatrio forzato di rifugiati siriani avviene in violazione degli obblighi di non respingimento“, ha aggiunto Maalouf.
“Rinnoviamo il nostro appello alla comunità internazionale affinché condivida le responsabilità dell’accoglienza dei rifugiati siriani nei paesi limitrofi, soprattutto ripristinando i programmi di reinsediamento, e usi la sua influenza per favorire l’accesso in Siria di osservatori indipendenti“, ha concluso Maalouf.
Al 31 luglio 2019 i rifugiati siriani registrati dall’Alto commissariato Onu per i rifugiati erano 926.717 mentre altri 31.000 rifugiati palestinesi provenienti dalla Siria erano registrati dall’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso ai rifugiati palestinesi.
Secondo il governo libanese, all’interno del paese si troverebbero circa 550.000 siriani non registrati da alcun organismo.