Libia: i comandanti del gruppo armato Tariq Ben Zeyad responsabili di un “catalogo di orrori”

19 Dicembre 2022

© ABDULLAH DOMA/AFP via Getty Images

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In un rapporto pubblicato oggi, Amnesty International ha accusato il gruppo armato Tariq Ben Zeyad (Tbz) di aver commesso, dal 2017 al 2022, crimini di guerra e altri crimini di diritto internazionale contro migliaia di presunti o reali critici e oppositori delle Forze armate arabe libiche (Faal), l’autorità di fatto che da Bengasi controlla ampie parti della Libia.

Il Tbz è guidato da Saddam Haftar, figlio del generale Khalifa Haftar, comandante delle Faal. Il vice di Saddam Haftar è Omar Imraj. È uno dei gruppi armati più influenti tra quelli che operano alle dipendenze delle Faal ed è composto da soldati di carriera che combatterono nel 2011 accanto a Mu’ammar Gheddafi e da combattenti provenienti dalle tribù alleate alle Faal.

“Emerso nel 2016, il Tbz ha seminato il terrore nelle zone controllate dalle Faal attraverso un catalogo di orrori: omicidi illegali, maltrattamenti e torture, sparizioni forzate, stupri e altre forme di violenza sessuale, sfollamenti forzati, senza timore di subire conseguenze”, ha dichiarato Hussein Baoumi, ricercatore di Amnesty International su Libia ed Egitto.

“È ampiamente giunto il momento di un’indagine sulle responsabilità di comando di Saddam Haftar e Omar Imraj. Chiediamo che siano rimossi immediatamente da posizioni nelle quali potrebbero commettere ulteriori violazioni dei diritti umani o dalle quali potrebbero interferire nelle indagini. Chiediamo anche alla Faal di chiudere tutti i centri non ufficiali di detenzione gestiti dal Tbz e scarcerare le persone che vi si trovano detenute arbitrariamente”, ha aggiunto Baoumi.

Tra febbraio e settembre del 2022 Amnesty International ha intervistato 38 persone che risiedono o risiedevano in aree della Libia controllate dalle Faal, sia in presenza che da remoto, tra le quali ex detenuti, sfollati interni, comandanti militari e combattenti. L’organizzazione per i diritti umani ha anche esaminato dichiarazioni ufficiali e prove audiovisuali a carico del Tbz.

Il 3 ottobre Amnesty International ha inviato le sue conclusioni al Governo di unità nazionale, all’ufficio del procuratore generale e al comandante delle Faal senza ricevere finora alcuna risposta.

 

Sequestri, uccisioni illegali e torture

Amnesty International è risalita ai nomi di 25 persone che, dal 2017 al 2022, sono state arrestate arbitrariamente e sottoposte a sparizione forzata da parte del Tbz a causa delle loro idee politiche o per motivi di affiliazione tribale, familiare o regionale.

Tre degli scomparsi sono stati poi ritrovati morti, ai bordi delle strade o negli obitori di Bengasi, con segni di torture o di ferite da arma da fuoco. Quattro persone risultano ancora scomparse, tre restano in stato di detenzione e 15 sono state scarcerate dopo aver trascorso anche cinque anni senza accusa né processo, in alcuni casi dopo aver pagato riscatti esorbitanti. Tutte le persone tornate in libertà hanno denunciato di essere state sottoposte a torture quali pestaggi o frustate o di essere state tenute appese in posizioni contorte.

Due ex detenuti, intervistati in tempi diversi, hanno dichiarato di aver assistito alla morte di almeno cinque prigionieri, tra il 2017 e il 2021, a causa delle torture o per diniego di cure mediche nei centri di detenzione controllati dal Tbz.

 

Sfollamenti forzati ed espulsioni

Dalla fine del 2021 il Tbz ha costretto a sfollare migliaia di migranti e rifugiati da Sabha e dintorni. Amnesty International ha visionato una serie di post e una pagina Facebook di un membro del Tbz in cui si vedevano migranti e rifugiati fatti salire su camion diretti verso il confine del Niger, per “ripulire” la Libia dai “migranti clandestini”.

Il Tbz ha preso parte anche allo sfollamento forzato di migliaia di famiglie libiche durante le operazioni militari condotte tra il 2014 e il 2019 dalle Faal per prendere possesso delle città di Bengasi e Derna.

 

Le responsabilità di comando

Secondo le prove raccolte da Amnesty International, Saddam Haftar e Omar Imraj erano a conoscenza o avrebbero dovuto essere a conoscenza dei crimini commessi dai loro sottoposti ma non hanno fatto nulla per impedirli né per punirne i responsabili.

Ex detenuti hanno riferito che Omar Imraj visitava regolarmente il centro di detenzione di Sidi Faraj, a est di Bengazi, soffermandosi a parlare con prigionieri che mostravano chiari segni di tortura. Altri ex detenuti hanno dichiarato di essere stati minacciati da Saddam Haftar, sia prima che dopo la scarcerazione, di rimanere o ritornare in carcere.

“Puoi scegliere: o lavorerai con noi o vivrai come un animale che mangia e dorme senza speranze, sogni o ambizioni”: è la minaccia che Saddam Haftar ha rivolto a un attivista sottoposto a sparizione forzata e torture per mesi prima di essere rilasciato.

Diversi familiari di ex prigionieri hanno testimoniato di aver supplicato direttamente Saddam Haftar e Omar Imraj affinché scarcerassero i loro cari.

“Se la comunità internazionale non muterà il suo approccio rispetto alla Libia, dando finalmente priorità ai diritti umani rispetto a interessi politici di corto respiro, innumerevoli altre persone alla mercè del Tbz rischieranno di essere sequestrate, torturate, fatte sparire o uccise. Chiediamo a tutti gli stati di esercitare la giurisdizione universale per indagare su sospetti crimini commessi da comandanti e membri del Tbz e, quando vi saranno prove sufficienti, di emettere mandati di cattura nei loro confronti e cercare di processarli”, ha conclusi Baoumi.