Libia: velo e polizia morale, il governo di Tripoli attacca le donne

11 Novembre 2024

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Il 6 novembre Emad al-Trabulsi, ministro dell’Interno del Governo di unità nazionale (Gnu) con sede a Tripoli, ha annunciato di voler adottare nuove misure che rischiano di rafforzare la discriminazione contro donne e ragazze, violando i loro diritti alla libertà di espressione, religione, credo e autonomia personale, e che comprendono anche l’istituzione di una “polizia morale” incaricata di far rispettare l’obbligo del velo.

Bassam Al Kantar, ricercatore sulla Libia di Amnesty International, ha dichiarato:

“Le minacce del ministro dell’Interno di reprimere le libertà fondamentali in nome della ‘moralità’ rappresentano un’escalation pericolosa dei livelli già soffocanti di repressione cui sono sottoposte le persone che in Libia non si adattano alle norme sociali dominanti. Le proposte di imporre il velo obbligatorio a donne e ragazze a partire dai nove anni, limitare le interazioni tra uomini e donne e controllare le scelte personali dei giovani riguardo a tagli di capelli e abbigliamento, non sono solo profondamente preoccupanti, ma violano anche gli obblighi della Libia ai sensi del diritto internazionale”.

In un ulteriore attacco ai diritti delle donne e all’uguaglianza, Emad al-Trabulsi ha proposto di obbligare le donne a ottenere il permesso di un tutore maschile per poter viaggiare all’estero. Nell’occasione, si è anche vantato di aver costretto al rimpatrio dalla Tunisia due donne libiche che avevano viaggiato senza il “tutore”. Ha poi annunciato l’intenzione di istituire una “polizia morale” per controllare gli spazi pubblici, i luoghi di lavoro e le interazioni personali, violando apertamente la privacy, l’autonomia e la libertà di espressione di tutti e tutte.

Il Gnu deve abbandonare questi progetti repressivi e fronteggiare la crisi dei diritti umani nel paese, caratterizzata da detenzioni arbitrarie di massa, sparizioni forzate, torture e processi iniqui. Il Gnu deve rispettare i diritti alla libertà di espressione, associazione e riunione pacifica e adottare misure per contrastare ogni forma di violenza di genere e altre discriminazioni”.

Amnesty International documenta da tempo come le autorità libiche abbiano favorito e legittimato comandanti militari responsabili di crimini di diritto internazionale, invece di garantire l’accertamento delle loro responsabilità, favorendo così ulteriori cicli di violazioni. Prima della sua nomina da parte del governo con sede a Tripoli, Emad al-Trabulsi era a capo dell’Agenzia per sicurezza pubblica, una milizia nota per il coinvolgimenti in gravi crimini contro persone rifugiate e migranti, tra cui sparizioni forzate e torture.