Lo scambio di prigionieri Israele-Hamas fa luce sulle dure pratiche di detenzione di entrambe le parti

18 Ottobre 2011

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Lo scambio di prigionieri riguardante il soldato israeliano Gilad Shalit e 477 detenuti palestinesi mette in risalto la necessità che sia riservato un trattamento umano a tutte le persone detenute in Israele e nei Territori palestinesi occupati (Tpo), ha dichiarato oggi Amnesty International.

Questo accordo porterà sollievo a Gilad Shalit e alla sua famiglia dopo un’esperienza tremenda durata oltre cinque anni. Molte famiglie palestinesi vivranno lo stesso sollievo quando si riuniranno, oggi, ai loro parenti, molti dei quali hanno trascorso decenni in dure condizioni nelle carceri israeliane‘ – ha affermato Malcom Smart, direttore del programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International.

Tuttavia, molto deve ancora essere fatto per proteggere i diritti di altre migliaia di persone che restano in carcere. Le autorità israeliane, l’amministrazione de facto di Hamas a Gaza e l’Autorità palestinese nella Cisgiordania devono cogliere questa opportunità per assicurare il rispetto dei diritti di tutti i prigionieri e di tutti i detenuti in loro custodia‘.

Gilad Shalit era stato catturato dai gruppi armati palestinesi di Gaza in un raid oltreconfine, il 25 giugno 2006. Da allora, non gli era stato concesso di aver contatti con la sua famiglia, che chiedeva incessantemente il suo rilascio, né di essere visitato dal Comitato internazionale della Croce Rossa, nonostante i ripetuti appelli di Amnesty International e di altre organizzazioni. Ciò ha reso impossibile verificare le condizioni della sua prigionia.

Amnesty International ha ripetutamente chiesto alle autorità di Hamas di non trattare Gilad Shalit come un ostaggio e come una merce di scambio, in quanto violazione degli obblighi derivanti dal diritto internazionale umanitario.

L’organizzazione per i diritti umani ha inoltre regolarmente espresso le sue preoccupazioni alle autorità israeliane circa le condizioni dei detenuti palestinesi e circa il fatto che Israele continua a imprigionare palestinesi dei Tpo all’interno di dentro Israele, in violazione della Quarta Convenzione di Ginevra.

Oltre 5200 palestinesi della Cisgiordania (compresa Gerusalemme Est) e della Striscia di Gaza, che insieme costituiscono i Tpo, sono attualmente detenuti in strutture dirette dal Servizio penitenziario israeliano, in gran parte all’interno di Israele.

Gli standard internazionali sui diritti umani e il diritto internazionale umanitario garantiscono a ogni persona privata della libertà il diritto a condizioni umane e dignitose di detenzione, ad adeguate cure mediche e a regolari visite familiari‘ – ha aggiunto Smart.

Israele, l’amministrazione de facto di Hamas e l’Autorità palestinese devono assicurare che tutti i detenuti ricevano processi rapidi, equi e in linea con gli standard internazionali e che le sentenze giudiziarie sul rilascio dei detenuti vengano attuate‘.

Dal 27 settembre, centinaia di prigionieri palestinesi portano avanti uno sciopero della fame per protestare contro misure punitive imposte recentemente dalle autorità israeliane. I prigionieri chiedono che il Servizio penitenziario israeliano ponga fine all’isolamento arbitrario e consenta visite regolari delle famiglie.

Il fatto che i detenuti palestinesi si trovino in carceri all’interno di Israele rende difficile, se non impossibile, le visite dei familiari, dal momento che le autorità israeliane spesso rifiutano di concedere il permesso di viaggio. A partire dal giugno 2007, Israele ha sospeso le visite familiari per tutti i prigionieri originari di Gaza nel giugno 2007, una politica punitiva che penalizza sia i detenuti che i loro familiari.

I 477 prigionieri rilasciati da Israele oggi, 450 uomini e 27 donne, comprendono 275 persone condannate da tribunali israeliani a uno o più ergastoli. Inoltre, tra questi ci sono anche prigionieri condannati per aver ordinato o eseguito attacchi su civili israeliani. Entro due mesi, altri 550 prigionieri, che non sono stati ancora identificati, saranno rilasciati nell’ambito della seconda fase dell’accordo.

Ieri, l’Alta corte di giustizia israeliana aveva rigettato gli appelli presentati dalle famiglie israeliane e dalle organizzazioni che si oppongono all’accordo che ha portato allo scambio di prigionieri.

Rispetto ai 477 prigionieri palestinesi rilasciati 217 torneranno, senza restrizioni, alle loro case nella Striscia di Gaza, in Israele o nella Cisgiordania occupata, inclusa Gerusalemme Est; 55 prigionieri torneranno alle loro case a Gerusalemme Est o in altre parti della Cisgiordania e, sulla base di un ‘accordo di sicurezza’, saranno sottoposti a limitazioni di movimento e a regolare sorveglianza da parte delle autorità israeliane.

Altri 164 palestinesi originari della Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est, saranno trasferiti nella Striscia di Gaza. Secondo il Servizio penitenziario israeliano, 18 di loro saranno trasferiti per tre anni, mentre non è chiaro se e quando sarà permesso agli altri 146 di ritornare dalle loro famiglie. Sebbene, in base agli Accordi di Oslo e al diritto internazionale umanitario, la Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est, e la Striscia di Gaza siano riconosciute come una singola unità territoriale, le autorità israeliane non permettono ai palestinesi che vivono nella Striscia di Gaza l’ingresso in Cisgiordania e viceversa. Questi palestinesi saranno pertanto completamente tagliati fuori dalle loro famiglie, che non avranno la possibilità di visitarli.

Infine, 41 prigionieri, tra cui una donna, saranno esiliati all’estero. Molti di loro erano stati condannati all’ergastolo. Non è chiaro se l’esilio sarà definitivo o se potranno tornare in futuro alle loro case nei Tpo.

L’articolo 49 della Quarta Convenzione di Ginevra proibisce alla potenza occupante di trasferire con la forza o espellere persone da un territorio occupato. Nel caso in cui i prigionieri palestinesi esiliati all’estero o trasferiti a Gaza dalla Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est, non avessero dato il loro consenso, Israele avrebbe violato i suoi obblighi derivanti dal diritto internazionale umanitario.