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Il 2 aprile 2013, con 154 voti a favore, tre contrari (Corea del Nord, Iran e Siria) e 23 astensioni, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato un Trattato sul commercio di armi che vieterà agli stati di trasferire armi convenzionali quando sapranno che, nei paesi destinatari, quelle armi saranno usate per compiere o facilitare genocidio, crimini contro l’umanità o crimini di guerra.
‘Il mondo aspettava da tempo questo storico trattato. Dopo una campagna durata lunghi anni, la maggior parte degli stati ha detto sì a un trattato che potrà impedire l’afflusso di armi verso paesi in cui saranno usate per commettere atrocità. Nonostante il tentativo, vergognosamente cinico, di Corea del Nord, Iran e Siria di affossare il trattato, una schiacciante maggioranza di paesi ha mostrato un rumoroso sostegno a un trattato che salverà vite umane e che pone al centro la protezione dei diritti umani’ – ha dichiarato Brian Wood, direttore del Programma Controllo delle armi e diritti umani di Amnesty International.
Il trattato obbliga tutti gli stati a valutare il rischio di trasferire armi, munizioni o componenti verso altri paesi quando potrebbero essere usati per compiere o facilitare gravi violazioni del diritto internazionale dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario. Quando questo rischio sarà reale e non potrà essere mitigato, gli stati hanno deciso che i trasferimenti non andranno avanti.
‘Se pensiamo ai grandi interessi economici in ballo e al potere politico dei grandi produttori ed esportatori di armi, questo trattato è veramente un tributo alla società civile, che ha promosso un’idea che salverà vite umane, e ai governi che hanno raccolto l’appello’ – ha affermato Widney Brown, direttrice del programma Politiche e diritto internazionale di Amnesty International. ‘Nel prossimo quadriennio, il commercio annuo di armi convenzionali, munizioni, componenti e pezzi di ricambio supererà i 100 miliardi di dollari. Ma oggi, gli stati hanno anteposto a tutto questo le persone e la loro sicurezza’.
Sin dagli anni Novanta, la presenza di Amnesty International nella società civile e gli appelli dei premi Nobel per la pace hanno contribuito a ottenere regole rigide, legalmente vincolanti, sui trasferimenti internazionali di armi, con l’obiettivo di contrastare i flussi di armi che alimentano atrocità e abusi.
Il trattato è stato adottato dopo oltre sei anni di deliberazioni delle Nazioni Unite, a partire dal dicembre 2006 quando l’Assemblea generale accettò di consultare tutti gli stati sulla fattibilità, gli obiettivi e il raggio d’applicazione di un trattato che regolasse i trasferimenti internazionali di armi convenzionali. Un numero record di paesi rispose al Segretario generale, quasi tutti in modo positivo. I diritti umani e il diritto umanitario vennero posti in testa all’elenco dei criteri-guida.
Il trattato adottato il 2 aprile 2013 copre le principali categorie di armi convenzionali, comprese le piccole armi e le armi leggere che proliferano in paesi in cui sono in corso conflitti a bassa intensità, in cui è diffusa la violenza armata e in cui il numero delle vittime civili è estremamente alto.
‘Come succede nei negoziati che danno vita ai trattati, non abbiamo ottenuto tutto ciò che volevano. Ad esempio, non tutte le munizioni sono comprese nelle norme del trattato. Però, questo potrà essere emendato e contiene molte norme che gettano solide basi per edificare un sistema internazionale che possa stroncare i flussi di armi destinate a chi con esse potrebbe commettere atrocità’ – ha proseguito Wood. ‘Oggi è risultato chiaro che quando nell’opinione pubblica si diffonde un’idea che potrebbe aiutare il mondo ad andare meglio e quando quest’idea viene organizzata, il suo successo può diventare reale e fare la differenza su scala mondiale.
Il trattato verrà aperto alla firma e alla ratifica il 3 giugno 2013 presso l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ed entrerà in vigore subito dopo la 50ma ratifica.