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Il 14 febbraio Luigi Manconi, presidente della Commissione per la tutela dei diritti umani del Senato, il presidente e il direttore Amnesty International Italia, Antonio Marchesi e Gianni Rufini, e Patrizio Gonnella, presidente di Antigone e Coalizione italiana libertà e diritti civili, hanno ricevuto una lettera da parte di Nino Sergi, presidente onorario di Intersos.
Nella lettera Sergi evidenzia – a quanto pare a titolo personale – la necessità del ritorno dell’ambasciatore italiano al Cairo.
Tale decisione, secondo Sergi, rafforzerebbe la ricerca della verità per Giulio Regeni, consentirebbe di affrontare meglio “la difficile situazione internazionale e le crescenti tensioni che minacciano la pace”, e ripristinerebbe quelle “attività di cooperazione” che “hanno risentito” dell’assenza dell’ambasciatore italiano in Egitto.
Il 16 febbraio Sergi ha reso pubblica la sua posizione attraverso un appello al presidente del Consiglio Gentiloni e al ministro degli Affari esteri Alfano.
Il senatore Manconi, Marchesi e Gonnella ritengono ora necessario rendere pubbliche le motivazioni contrarie al ritorno dell’ambasciatore italiano al Cairo, già espresse nelle rispettive risposte alla lettera loro inviata da Sergi.
I diritti umani si tutelano anche, quando necessario, con pressioni diplomatiche particolarmente intense e durature nel tempo.
La misura consistente nel ritiro dell’ambasciatore italiano al Cairo, a seguito del rapimento e dell’uccisione di Giulio Regeni, non solo si giustificava con la gravità attribuita alla vicenda dalle istituzioni italiane, ma deve essere tuttora mantenuta come principale strumento di pressione per ottenere piena collaborazione da parte dalle autorità egiziane. Se non ci fosse stato il ritiro dell’ambasciatore saremmo a un punto della vicenda ancora più arretrato rispetto a quello attuale. A fronte della insufficiente e tardiva collaborazione giudiziaria da parte egiziana, il rientro dell’ambasciatore potrebbe essere inteso dal Cairo come segno di un ritorno alla normalità, un messaggio di soddisfazione da parte dell’Italia per i risultati di tale collaborazione, o addirittura come l’annuncio di una disponibilità alla rapida chiusura del caso, in senso sia diplomatico che giudiziario.
Un’iniziativa in tal senso, inoltre, non sarebbe sicuramente condivisa dalle centinaia di migliaia di persone e di tanti esponenti della società civile che, in Italia e in altri paesi, continuano a chiedere “Verità per Giulio”.
Infine, non risulta che l’assenza dell’ambasciatore italiano in Egitto possa compromettere il sostegno a iniziative della cooperazione italiana. E se anche così fosse, la ricerca della verità per un cittadino italiano barbaramente ucciso al Cairo dovrebbe essere priorità per tutti.