Manifestanti uccisi nel Golan, Israele deve indagare

8 Giugno 2011

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Amnesty International ha chiesto alle autorità d’Israele di avviare un’inchiesta esauriente, imparziale e indipendente sull’impiego di munizioni letali contro un gruppo di siriani e palestinesi che domenica 5 giugno stavano prendendo parte a una manifestazione nella zona di Majdal Shams, città situata sulle alture del Golan occupate da Israele.

Le proteste, che si sono svolte anche nella zona di Quneitra, nel Golan amministrato dalla Siria, erano state organizzate nel giorno della Naksa, l’anniversario dell’inizio della guerra del giugno 1967, al termine della quale Israele occupò le alture del Golan, la Cisgiordania e la Striscia di Gaza.

L’agenzia di stampa ufficiale siriana Sana ha denunciato 23 morti (tra cui un bambino, una donna e un giornalista) e 350 feriti da pallottole e gas lacrimogeni. Molti dei nomi delle vittime sono stati riferiti in modo indipendente ad Amnesty International da attivisti per i diritti umani che operano nelle alture del Golan occupate da Israele.

Portavoce delle Forze di difesa israeliane (Idf) hanno ammesso che tra i manifestanti vi siano stati morti e feriti ma hanno giudicato esagerate le cifre fornite dalla Siria. Secondo le Idf, i manifestanti hanno lanciato pietre e bombe molotov e hanno tentato di danneggiare la rete metallica di confine. Le Idf non hanno reso noto che i manifestanti fossero in possesso di armi da fuoco, ma hanno dichiarato che alcune vittime sono state causate da mine antipersona attivate dagli stessi manifestanti nella zona di Quneitra.

Amnesty International ha parlato con un attivista per i diritti umani che si trovava sulle alture del Golan occupate da Israele, il quale ha assistito all’accaduto trovandosi a circa 10 metri di distanza dai militari israeliani. Secondo il suo racconto, dalle 11 di mattina alle 9 di sera del 5 giugno, i soldati delle Idf, nascosti dietro una serie di reticolati di filo spinato, hanno periodicamente esploso munizioni legali contro i manifestanti, che erano distanti 60 metri.

Sempre secondo la ricostruzione dell’attivista per i diritti umani, i soldati israeliani hanno diffuso avvisi in arabo prima di aprire il fuoco. I gas lacrimogeni e le bombe assordanti sono stati usati solo al tramonto, ciò che contraddice le dichiarazioni dei portavoce delle Idf, secondo i quali sarebbero stati usati tutti i possibili mezzi non letali per disperdere i manifestanti prima di ricorrere alla forza letale.

Le ambulanze siriane hanno trasportato i feriti all’ospedale Mahmdouh Abaza di Quneitra per tutto il giorno. Il direttore dell’ospedale, citato dall’agenzia di stampa ufficiale Sana, ha dichiarato che sono stati operati oltre 90 pazienti.

Sebbene le Idf abbiano dichiarato che i soldati israeliani hanno mirato alla parte inferiore del corpo dei manifestanti, le autorità siriane hanno riferito che la maggior parte dei ricoverati presentavano ferite alla parte superiore del corpo.

Amnesty International teme fortemente che i soldati israeliani abbiano fatto ricorso alla forza eccessiva, colpendo con munizioni letali manifestanti che non stavano mettendo in pericolo la loro vita o quella di altre persone. Il fatto che si tratti del secondo episodio del genere in un mese rende urgente la necessità di un’inchiesta indipendente, per evitare che si perdano ulteriori vite umane e affinché i responsabili delle uccisioni siano chiamati ad assumersi le responsabilità di quanto accaduto.

Il 15 maggio almeno 12 persone che manifestavano lungo i confini d’Israele con Libano, la Siria e la Striscia di Gaza, così come all’interno dei Terrritori Occupati Palestinesi, erano state uccise dai militari israeliani durante le commemorazioni del giorno della Nakba, in cui si ricorda la perdita delle terre e delle proprietà a seguito della guerra del 1948. I feriti erano stati almeno un centinaio.

Sui fatti del 15 maggio le Idf hanno lanciato un’indagine interna, ma Amnesty International non è a conoscenza dell’avvio di inchieste credibili e indipendenti.