Manning, ridicola l’accusa di aver aiutato il nemico

18 Luglio 2013

Tempo di lettura stimato: 3'

Amnesty International ha condannato come ridicola la decisione di un giudice militare statunitense di confermare la più grave delle imputazioni a carico di Bradley Manning, quella di aver aiutato il nemico, priva di base legale.

Per dimostrare che Manning ha aiutato il nemico, il governo Usa dovrebbe ora stabilire che l’imputato fornì consapevolmente a un nemico informazioni d’intelligence potenzialmente pericolose, con quello che la giudice Denise Lind ha definito ‘un complessivo intento malvagio’.

Per tutta la durata delle audizioni dei testimoni, la pubblica accusa ha fatto di tutto per far emergere prove del genere. È emerso più volte che Manning non ha simpatie per al Qa’ida o altri gruppi terroristi, che non ha mai mostrato slealtà verso il suo paese, che non aveva rapporti con altri governi se non con quello statunitense e che non abbia mai ricevuto denaro in cambio delle informazioni diffuse.

È poi emerso, nelle deposizioni dei testimoni governativi, che Manning faceva parte della comunità Lgbti (persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuate) e che dal punto di vista politico si collocava ‘all’estrema parte democratica’.

‘Il tentativo del governo di sostenere che Manning abbia aiutato il nemico è ridicolo ma non sorprende. Quello che sorprende è che i procuratori, che hanno il dovere di agire nell’interesse della giustizia, portino avanti la tesi che diffondere informazioni su Internet (attraverso Wikileaks, un blog personale, il sito del New York Times…) possa significare aiutare il nemico.

Quello che a volte sembra è che sotto processo sia Wikileaks e non Manning. Peraltro, le imputazioni contro Manning non comprendono la cospirazione con Wikileaks o con altri soggetti e dunque non vi è chiarezza nella strategia della procura.

Il governo Usa si è trovato in difficoltà anche nel provare imputazioni meno rilevanti. Manning è accusato di aver usato un software senza autorizzazione e di aver violato una serie di procedure operative. Un agente speciale ha però testimoniato che almeno uno dei programmi che Manning è accusato di aver caricato sul suo pc era usato da tutti i loro colleghi. Un altro software installato da Manning non era stato espressamente vietato dai suoi superiori.