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Nel marzo 2012 Amina Filali, 16 anni, si uccise ingerendo veleno per topi. Era stata costretta a sposare l’uomo che l’aveva stuprata. Una storia tragica ma non rara in Marocco, a causa dell’articolo 475 del codice penale che consente a chi ha commesso uno stupro di evitare la condanna se sposerà colei che ha stuprato.
Il suicidio di Amina provocò un’ondata d’indignazione nella società civile marocchina, che nel gennaio 2013 ha spinto le autorità a proporre una modifica a quel vergognoso articolo.
Le organizzazioni per i diritti umani, Amnesty International inclusa, hanno apprezzato la proposta ma hanno sottolineato che molti altri articoli del codice penale dovrebbero essere modificati per proteggere dalla violenza e dalla discriminazione le donne e le ragazze.
Uno di questi articoli è il 486, che include lo stupro tra i reati contro la decenza, che punisce ‘la relazione sessuale di un uomo con una donna contro la volontà di quest’ultima’ con pene da cinque a 10 anni di carcere. Se lo stupro è compiuto nei confronti di una minorenne, di una disabile o di una donna incinta, la pena sale da 10 a 20 anni.
L’entità della pena può dipendere da ulteriori fattori, quali lo stato civile o la verginità. L’articolo 488 prevede pene ancora più severe se lo stupro e ‘l’attentato al pudore’ determinano la perdita della verginità: da 10 a 20 anni in questo caso, da cinque a 10 anni nel caso opposto.
Le attiviste per i diritti umani ritengono che la definizione di stupro debba essere modificata, in modo da essere resa neutra dal punto di vista del genere e da comprendere altre forme di coercizione che non necessariamente prevedono la violenza fisica. Lo stupro coniugale dovrebbe essere riconosciuto come reato specifico.
‘Il fatto che lo stupro sia catalogato nella sezione dei reati contro la decenza pone l’enfasi sulla moralità e sullo stato coniugale piuttosto che evidenziare che si tratta di un attacco contro l’integrità di una persona’ – ha dichiarato Hassiba Hadj Sahraoui, vicedirettrice del Programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International. ‘Temiamo che la proposta di modifica dell’articolo 475 conterrà ancora la distinzione relativa alle donne vergini e a coloro che non lo sono, una distinzione discriminatoria e degradante’.
Altri articoli del codice penale dovrebbero essere emendati per contribuire a proteggere le donne dalla violenza.
L’articolo 496 afferma che offrire riparo a una donna sposata, ‘che è venuta meno all’autorità cui è legalmente sottoposta’, è punibile con una multa e con una pena detentiva da uno a cinque anni.
‘Questo articolo significa che chi offre protezione alle donne che fuggono dalla violenza domestica rischia una sanzione penale. La norma pone l’accento sulle donne che vengono sottratte all’autorità di qualcun altro’ – ha sottolineato Sahraoui.
L’articolo 490 criminalizza le relazioni sessuali consensuali tra persone non sposate, con pene da un mese a un anno di carcere.
‘Rendere reato le relazioni tra adulti consenzienti, a prescindere dal loro stato civile, viola il diritto alla riservatezza e alla libertà d’espressione. Inoltre, questo articolo pregiudica la possibilità di presentare denuncia da parte di una donna che ha subito uno stupro, la quale rischierebbe di essere processata’ – ha commentato Sahraoui.
Nel luglio 2011, il Marocco ha adottato una nuova Costituzione che garantisce l’uguaglianza tra uomo e donna. Tuttavia, Amnesty International ritiene che questo possa non bastare a proteggere le donne e le ragazze dalla violenza e dalla discriminazione.
‘Per garantire i diritti delle donne, è fondamentale che il Marocco riformi le leggi in modo da renderle conformi agli standard internazionali. Ma neanche questo potrebbe essere sufficiente. In una società in cui le donne non hanno lo stesso status degli uomini, non sono solo le leggi ma le radicate attitudini sociali a produrre discriminazione. Tra le misure fondamentali da adottare, riteniamo debba esservi la formazione del personale di polizia e di quello giudiziario su come trattare in modo sensibile le denunce di violenza contro le donne e le ragazze e proteggere le donne come persone, non il loro cosiddetto onore o la loro moralità’ – ha concluso Sahraoui.
FINE DEL COMUNICATO Roma, 1 marzo 2013
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