Massacro di Katyn, persa un’opportunità per fare luce sulle responsabilità della Russia

20 Ottobre 2013

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La sentenza emessa il 21 ottobre 2013 dalla Corte europea dei diritti umani è stata giudicata da Amnesty International un’opportunità persa per garantire che la Russia accettasse la responsabilità per l’uccisione di decine di migliaia di prigionieri di guerra polacchi nel corso della Seconda guerra mondiale.

Alcuni dei parenti degli oltre 20.000 civili e prigionieri di guerra polacchi uccisi del massacro di Katyn del 1940 avevano denunciato la Russia alla Corte europea dei diritti umani. Questa ha stabilito tuttavia di non essere in grado di pronunciarsi sull’adeguatezza di una precedente indagine da parte russa sul massacro in quanto avvenuto prima del 1950, anno dell’adozione della Convenzione europea dei diritti umani.

‘Le autorità russe sono sedute su una montagna d’informazioni sul luogo dove si trovano i resti delle vittime, sulle circostanze delle uccisioni e forse anche sull’identità degli uccisi. Hanno il dovere di rivelare la verità ai parenti delle vittime su cosa accadde a Katyn’ – ha dichiarato Michael Bochenek, di Amnesty International.

‘Dopo aver avviato un’indagine, alla fine degli anni Novanta, le autorità russe hanno addotto dubbi interessi per la sicurezza nazionale per giustificare prima la segretezza degli sviluppi e poi la sua chiusura, senza fornire alcuna informazione ai familiari delle vittime’ – ha proseguito Bochenek, che si è chiesto: ‘In nome di quali possibili interessi per la sicurezza nazionale 44 volumi di prove su crimini commessi 70 anni fa devono rimanere segreti?’.

Amnesty International ha ripetutamente ricordato ai governi che ricorrere al segreto e agli interessi per la sicurezza nazionale non è una scusa legittima per affrancarsi dagli obblighi di diritto internazionale.

Nel 2007, 15 parenti di persone uccise a Katyn avevano fatto ricorso alla Corte europea dei diritti umani sostenendo l’inadeguatezza dell’indagine russa.
I familiari dei 15 ricorrenti erano tra i 22.000 polacchi trasferiti nei campi e nelle prigioni dell’Unione sovietica dopo l’invasione della Polonia da parte dell’Armata rossa, nel settembre 1939. I prigionieri vennero poi uccisi dalla polizia segreta sovietica, senza processo, tra aprile e maggio del 1940. Si ritiene che la maggior parte fu sepolta in fosse comuni nella foresta di Katyn, nella Russia occidentale.