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Secondo recenti stime dell’Onu i rifugiati siriani sono due milioni. Almeno un milione sono bambini, molti al di sotto degli 11 anni. Dietro questi numeri si celano drammatiche vicende umani.
Recentemente una missione di Amnesty International ha visitato il campo rifugiati di Za’atri in Giordania, il secondo più grande campo rifugiati al mondo dopo quello di Dadaab in Kenya. Questo campo è diventato la quarta città più grande della Giordania con i suoi 130.000 rifugiati siriani. Tra loro molti bambini, persone vulnerabili, sopravvissuti a tortura, feriti gravi o malati, anziani o persone con disabilità.
Maha Abu Shama, campaigner di Amnesty International sulla Siria, ha fatto parte della delegazione. Queste le sue parole.
‘Non ci sono donne da sposare’ è la risposta che Khawlah abitualmente dà quando uomini giordani o di altre nazionalità chiedono di sposare sua figlia di 14 anni.
Come altre rifugiate incontrate durante la mia recente vista in Giordania, Khawlah – che vive nella capitale giordana Amman – si lamenta del fatto che molti uomini giordani fanno continuamente proposte di matrimonio o chiedono di organizzare matrimoni con giovani rifugiate.
‘Non ho un lavoro per te, ma se ti va posso sposarti’, questo si sente dire Aisha, 22enne studentessa di Letteratura inglese, quando va a cercare un lavoro. Ha spiegato che uno dei motivi per cui non riesce a trovare lavoro ad Amman è che spesso riceve proposte di matrimonio e non offerte di lavoro remunerato.
Altre siriane rifugiate incontrate nel campo di Za’ atri – il più grande campo profughi della Giordania con 130.000 persone – hanno detto che alcuni giordani visitano il campo per cercare donne da sposare. Sembra che molti finiscono per andare via dal campo delusi.
Il capo dell’organizzazione locale che fornisce aiuti ai rifugiati siriani mi ha detto che molti uomini dal Golfo e anche dall’Europa entrano in contatto con lui e la sua organizzazione per cercare di organizzare matrimoni tra loro e donne rifugiate siriane. Lui ha rifiutato tutte queste richieste.
Stigmatizzate e molestate
Le rifugiate siriane con cui ho parlato hanno lamentato di essere state esposte a molestie sessuali molto più delle giordane semplicemente perché rifugiate, uno status generalmente associato alla vulnerabilità economica. Operatori dell’Onu così come attivisti per i diritti umani e dei diritti delle donne che ho intervistato sono d’accordo su questo punto.
Molte rifugiate siriane con cui ho parlato hanno detto che questo stigma e queste molestie hanno reso i loro mariti molto protettivi, limitando così la loro possibilità di muoversi. In alcuni casi si sono generate tensioni, che avrebbero portato anche a episodi di violenza domestica.
La storia di Farah, 28 anni e madre di tre figli, ne è un esempio. Mi ha detto che una volta ha preferito sopportare la sete tutto il giorno fino a quando il marito è tornato da lavoro piuttosto che contattare la compagnia che fornisce acqua al quartiere – in Giordania l’acqua deve essere comprata – per paura che i fattorini potessero molestarla e che il marito diventasse ancora più geloso.
Mito e realtà sui patrimoni precoci
Molti attivisti e operatori umanitari che ho incontrato in Giordania attribuiscono la responsabilità di queste molestie alle notizie diffuse di ‘mogli siriane a buon prezzo’ o ‘prostitute’. Dall’inizio del 2013, alcuni articoli hanno parlato della frequenza e la natura di questi matrimoni tra rifugiati siriani in Giordania. Alcuni hanno fatto riferimento a un ‘mercato dei matrimoni’ nel campo di Za ‘atri o di organizzazione di incontri per matrimoni temporanei tra giovani spose siriane e pretendenti del Golfo.
Tuttavia, durante le discussioni con gli attivisti e operatori umanitari in Giordania, è stato subito evidente che la realtà è molto più complessa dell’immagine data da alcuni articoli.
È vero che donne e ragazze siriane rifugiate in Giordania – molte delle quali provengono dal governatorato di Dera nel Sud della Siria – tendono a sposarsi prima dei 18 anni. È altrettanto vero che alcune donne e ragazze rifugiate siriane hanno sposato uomini di altre nazionalità, soprattutto giordani e provenienti dal Golfo. La loro giovane età e la percezione del loro status inferiore, perché rifugiate, le espone al rischio di sfruttamento sessuale e di altri abusi nell’ambito dei matrimoni, molti dei quali sono temporanei.
È importante ricordare che il matrimonio in giovane età è da tempo una pratica comune in Siria, in particolare tra la popolazione rurale. I rifugiati hanno semplicemente importato questa tradizione in Giordania.
La legge siriana relativa allo status personale permette, in alcune circostanze, matrimoni di ragazze di 13 anni. Mentre eravamo in Giordania, io e i miei colleghi abbiamo incontrato diverse rifugiate di età differenti che erano bambine quando si sono sposate in Siria.
Secondo le valutazione dell’Onu sui matrimoni precoci del luglio 2013, costumi sociali e ‘onore’ della famiglia sembrano ancora essere le principali motivazioni che spingono i siriani a far sposare le loro figlie quando sono ancora bambine – fattore che pare più importante dell’attuale privazione economica e della povertà. In base a quanto dettomi da operatori Onu e operatori umanitari, nel campo di Za’atri la quasi totale mancanza di riservatezza dovuta alla vicinanza delle tende , così come la diffusa attività di gang e la mancanza di sicurezza, hanno avuto un ruolo chiave nella continuazione di queste pratiche tra le persone che vivono nel campo. Anche se questo non significa che i rischi associati al matrimonio precoce non siano meno seri, si dimostra che questa pratica è moto radicata e che è difficile combatterla.
Una tradizione diffusa
I matrimoni precoci non sono rari in altre regioni del Medio Oriente e dell’Africa del Nord. In Giordania, le attiviste per i diritti delle donne ancora combattono per fare emendare la legge relativa allo status personale che consente a ragazze di età inferiore ai 18 anni di sposarsi se un giudice della Sharia ritiene che questo sia nel suo ‘miglior interesse”; secondo gli attivisti questa clausola è troppo vaga e che lascerebbe ai giudici molto margine di interpretazione.
I matrimoni precoci possono violare il diritto internazionale in base al quale il matrimonio deve avvenire ‘solo con il libero e pieno consenso dei futuri sposi’. Inoltre, questi espongono le ragazze che non sono libere nell’esprimere il loro consenso a coercizione e pressioni degli adulti, sfruttamento, abusi e rischio di gravidanze precoci con serie conseguenze per la loro salute.
Secondo le statistiche del governo giordano, molti matrimoni registrati tra rifugiati sono tra siriani stessi più che con persone esterne alla comunità dei rifugiati. Infatti, le famiglie siriane che abbiamo intervistato sembravano abbastanza contrarie all’ipotesi che potessero far sposare le loro figlie con uomini di altra nazionalità. Secondo molti, il motivo principale per cui si rifiuta questo matrimonio è la difficoltà di conoscere la storia personale e lo status sociale dei pretendenti. Inoltre, preferiscono che le figlie vivano in Siria, mentre se dovessero sposare un uomo di un altro paese diminuirebbero le possibilità che non un giorno tornino nel paese.
Matrimoni non registrati
Un ulteriore problema è che molti matrimoni tra rifugiati siriani, in particolare nel campo di Za’atri, non sono registrati ufficialmente. Questo erode i già limitati diritti riconosciuti alle donne in base alle leggi relative allo status personale in Siria e Giordania. Incide, inoltre, anche sulla possibilità di registrare bambini e di accedere ai servizi forniti dall’Uhncr.
Ma cosa spinge a scegliere di non registrare i matrimoni? Molto semplicemente la mancanza della documentazione necessaria; inoltre per altre persone sono state così colpite dalla loro fuga dalla Siria che ottenere protezione registrando il matrimonio sembra una necessità poco importante rispetto al resto.
Le donne siriane che ho incontrato avevano una lista infinita di problemi. Traumatizzate, povere, stigmatizzate; la principale priorità era sopravvivenza dei loro figli e di se stesse, è avere un reddito, un rifugio, cibo e cure mediche adeguate. Se i diritti coniugali erano rispettati o meno non è rilevante.
Quando ho spiegato a Huda, 25 anni, da poco arrivata nel campo di Za’atri, l’importanza di registrare il suo matrimonio mi ha detto: ‘Se ci registriamo ci danno un caravan al posto della tenda’?
Testo originale ‘Early marriage and harassment of Syrian refugee women and girls in Jordan’