Messico, i 100 giorni del presidente senza passi avanti significativi per i diritti umani

5 Marzo 2013

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In occasione dei primi 100 giorni dall’insediamento del presidente Enrique Peña Nieto, Amnesty International ha rilevato che le poche misure adottate non sono all’altezza della grave situazione dei diritti umani che sta attraversando il Messico.

‘Ci sono segnali preoccupanti sull’insufficiente priorità che viene data alla protezione dei diritti umani. Il governo deve rompere con un passato di vuote promesse e affrontare sul serio il problema dell’impunità’ – ha dichiarato Javier Zuñiga, consulente speciale di Amnesty International.

Nel dicembre 2012 il segretario generale di Amnesty International, Salil Shetty, aveva scritto al nuovo presidente chiedendogli d’intraprendere azioni immediate su una serie di questioni relative ai diritti umani. A oggi, manca ancora una risposta significativa.

L’organizzazione per i diritti umani aveva chiesto modifiche radicali alle politiche di sicurezza, per garantire la fine delle torture, dei maltrattamenti, delle sparizioni forzate e dell’impunità.

Peña Nieto si era impegnato ad attuare le raccomandazioni emesse nel novembre 2012 dal Comitato Onu contro la tortura, ma finora si è visto ben poco.

Per evidenziare questi preoccupanti segnali, il 5 marzo 2013 Amnesty International ha lanciato una campagna per ottenere giustizia in favore di Miriam Lopez, una donna arrestata illegalmente, torturata e sottoposta a violenza sessuale da membri delle forze armate nel 2011. La sua storia è emblematica di tutti quelle delle persone che hanno sofferte gravi violazioni dei diritti umani e che sono private  della giustizia.

Sebbene i passi avanti fatti per una Legge generale sulle vittime siano importanti, essi non possono nascondere il fatto che molte migliaia di vittime del crimine e delle violazioni dei diritti umani negli ultimi sei anni, comprese migliaia di persone scomparse, restano ancora senza giustizia e riparazione.

Il governo sta esaminando una riforma delle attività di polizia, ma non vi sono segnali che la prevenzione e la responsabilità per le violazioni dei diritti umani siano al centro delle proposte. La discussione in corso sull’opportunità di abolire la detenzione senza processo è positiva ma una decisione in merito non è in vista.

Per quanto riguarda la giurisdizione militare, né il governo né il parlamento hanno assunto iniziative per riformare il codice di giustizia militare, come richiesto dalla Corte interamericana dei diritti umani, lasciando così alle sentenze della Corte suprema il compito di limitare la giurisdizione militare senza il sostegno del potere legislativo.

Circa i migranti, la nomina di un ex capo di polizia alla guida del Servizio nazionale dell’immigrazione desta forti preoccupazioni. Non si ha notizia di nuove misure, che sarebbero necessarie per combattere le bande criminali e i pubblici ufficiali che compiono gravi abusi contro i migranti in transito nel paese.

Il governo è rimasto quasi del tutto in silenzio a proposito del contrasto alla violenza contro le donne e alla protezione dei diritti sessuali e riproduttivi.

Vi è stato l’annuncio di un programma in favore delle comunità native socialmente escluse ma non se ne conoscono i dettagli, tantomeno se e come le comunità native saranno coinvolte nella protezione dei loro diritti umani.

Come previsto da una legge del 2012, è in corso l’istituzione di un meccanismo, che coinvolga la società civile, per proteggere giornalisti e difensori dei diritti umani. Secondo Amnesty International, questo è uno sviluppo positivo ma il governo dovrà garantire che tale meccanismo fornisca una protezione realmente efficace e che le indagini sugli attacchi contro giornalisti e difensori dei diritti umani arrivino fino al processo nei confronti dei presunti responsabili.

‘È giunto il momento che il governo dimostri che sta ponendo la protezione dei diritti umani al centro della sua agenda politica e che intende garantire la piena partecipazione della società civile’ – ha concluso Zuñiga.