Minori non accompagnati: Londra impedisce il ricongiungimento con le loro famiglie

13 Gennaio 2020

Tempo di lettura stimato: 6'

Insieme a Save the children e al Consiglio dei rifugiati abbiamo accusato il governo di Londra di impedire “volutamente e in modo distruttivo” i ricongiungimenti dei minorenni rifugiati con le loro famiglie.

In un rapporto di 38 pagine intitolato “Senza la mia famiglia“, le tre Ong denunciano che la normativa britannica sui ricongiungimenti familiari è in contrasto con la legislazione nazionale e viola profondamente il diritto internazionale, causando danni irrimediabili ai minorenni rifugiati che si trovano nel Regno Unito.

Le norme vigenti prevedono che i rifugiati maggiorenni che desiderano ricostruire le loro vite nel Regno Unito possano sponsorizzare il ricongiungimento con i familiari stretti. Ciò non vale per i bambini rifugiati.

Il Regno Unito è l’unico stato europeo che impedisce ai minorenni rifugiati di sponsorizzare il ricongiungimento coi loro familiari.

Il rapporto, realizzato attraverso una serie di interviste con persone di età compresa tra 15 e 25 anni, tutte arrivate nel Regno Unito quando avevano meno di 18 anni, elenca gli effetti devastanti della separazione tra i minori rifugiati e le loro famiglie: ansia permanente, timore per i propri familiari rimasti nel paese di origine e, in alcuni casi, gravi disturbi mentali.

Habib*, che ora ha 17 anni, è fuggito dal Sudan dove era stato imprigionato e torturato all’età di 15 anni. Ha raggiunto la Libia, lasciandosi alle spalle la madre e i fratelli minori. In Libia ha subito trattamenti così duri da avere ancora dei dolorosi flashback. Alla fine ha trovato salvezza nel Regno Unito ma è ancora separato dalla sua famiglia: “Non li vedo ormai da quasi tre anni. È tanto tempo, mi manca mia madre. Qui è davvero dura, non è una cosa che puoi dimenticare. Puoi cercare di nasconderla, ma non puoi dimenticare. Vivere senza la tua famiglia è come avere un corpo privo di anima“.

Rifat*, che ora ha 17 anni, ricorda che i suoi genitori gli dicevano che sarebbero rimasti sempre insieme nel loro paese, la Siria: “Poi [quelli dell’esercito] hanno bussato alla porta di casa e mi hanno detto che dovevo unirmi a loro per combattere. Era da un mese che mi stavo nascondendo a casa. Mio padre mi ha informato che erano venuti a prendere anche il figlio dei nostri vicini, che aveva 15 anni come me. Allora sono scappato. I miei non volevano ma l’ho fatto per la mia vita. [Le forze armate] prendevano tutti i ragazzi…“.

Gli operatori sociali e gli altri professionisti che seguono i minori rifugiati senza famiglia hanno espresso tutto il loro disagio sottolineando quanto la famiglia abbia un ruolo cruciale nel benessere dei minori e nella fase dello sviluppo dell’identità, dell’istruzione e dell’integrazione sociale. I minori rifugiati sono soggetti a ripetuti eventi traumatici, che si aggiungono allo stress del vivere soli e lontano dal proprio paese.

Diana, operatrice sociale, segue Hemin*, ora 16enne, fuggito dall’Iraq: “È un bambino di guerra, ha continui tremori. In passato, quando tremava, la mamma si metteva a dormire accanto a lui. Quando mi parla della madre, mi dice sempre che sono i piccoli gesti a fare le grandi cose“.

Il rapporto evidenzia anche le costanti critiche mosse al governo di Londra da alti rappresentanti della magistratura, da commissioni parlamentari e dal Comitato per i diritti dell’infanzia.

Sebbene nel 2018 un’ampia maggioranza trasversale di parlamentari avesse approvato una mozione per cambiare la normativa, il governo ha continuato a bloccare e a rinviare l’iniziativa.

Insieme a Save the children e al Consiglio dei rifugiati chiediamo con urgenza che i minori rifugiati abbiano le stesse opportunità degli adulti di ricongiungersi coi loro familiari.

Il governo di Londra sostiene, senza portare alcuna prova al riguardo, che le riunificazioni familiari potrebbero incoraggiare le famiglie a inviare in Europa dei minori non accompagnati in modo da farne delle “àncore” per gli altri membri della famiglia.

Ulteriori informazioni

Nel 2019 il Regno Unito ha riconosciuto come rifugiati solo 1070 minori, meno di tre al giorno. Nel farlo, le autorità hanno riconosciuto che i richiedenti asilo erano fuggiti da conflitti, persecuzioni e altre violazioni dei diritti umani e che sarebbe stato insicuro rinviarli nei paesi da cui erano scappati. Eppure, esse impediscono a questi rifugiati di ricongiungersi ai loro genitori, ai loro fratelli e alle loro sorelle.

La nostra organizzazione, Save the children e il Consiglio dei rifugiati, insieme alla coalizione “Famiglie insieme”, chiedono modifiche urgenti alla normativa sui ricongiungimenti familiari. In particolare:

  • il diritto per i minori rifugiati di sponsorizzare l’arrivo dei loro familiari stretti in modo da ricostruire insieme le loro vite e integrarsi nelle nuove comunità di appartenenza;
  • l’allargamento della definizione di “familiare” in modo che i rifugiati neo-maggiorenni e anziani possano vivere in sicurezza coi loro familiari nel Regno Unito;
  • il ripristino dell’assistenza legale, in modo tale che i rifugiati che hanno perso tutto abbiano il sostegno necessario per affrontare il complicato percorso del ricongiungimento familiare.