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Amnesty International si è detta preoccupata per le violazioni degli standard europei e internazionali sui diritti umani che potrebbero derivare dall’applicazione delle nuove misure antiterrorismo annunciate il 21 gennaio 2015 dal primo ministro francese Manuel Valls.
Reati di diffamazione e insulto nel codice penale
Il governo francese ha proposto di trasferite dalla Legge sulla libertà di stampa del 1881 al codice penale i reati di ‘diffamazione’ e ‘insulto’, eliminando in questo modo molte delle salvaguardie procedurali vigenti per proteggere la libertà d’espressione: la presenza di una denuncia da parte della persona o dell’ente che si ritiene diffamato o insultato, i limiti al potere di sequestro e una prescrizione di tre mesi.
Amnesty International si oppone a ogni legge che consideri reato penale la diffamazione, tanto nei confronti di personalità pubbliche che di privati, ritenendola una questione di processo civile. A seguito della recente ondata di incriminazioni per ‘apologia del terrorismo‘, introdurre i due reati nel codice penale significherà un aumento dei procedimenti d’ufficio, in violazione della libertà d’espressione.
Le proposte in merito alla diffamazione e all’insulto comprendono l’introduzione di circostanze aggravanti, come nel caso in cui i reati siano commessi sulla base di odio etnico e razziale. L’incitamento all’odio e alla discriminazione è già punito dall’articolo R627 del codice penale.
L’articolo 20.2 del Patto internazionale sui diritti civili e politici chiede agli Stati di proibire ‘l’invocazione di odio nazionale, razziale o religioso che costituisca incitamento alla discriminazione, all’ostilità e alla violenza’. Tuttavia, ogni espressione discriminatoria che non costituisca invocazione o incitamento all’odio non dovrebbe essere sottoposta a sanzione penale.
Amnesty International ritiene che le limitazioni alla libertà d’espressione derivanti da questa proposta non siano necessarie né proporzionali al proclamato obiettivo di ‘combattere il terrorismo’ e di conseguenza dovrebbero essere cancellate.
Blocco di siti Internet che ‘difendono il terrorismo’
Tra le misure annunciate dal primo ministro Valls figura un decreto, la cui pubblicazione è prevista entro due settimane, di attuazione delle misure antiterrorismo adottate nel novembre 2014 (articolo 12, legge 2014-1353 del 13 novembre 2014). Il decreto consentirà al ministro dell’Interno di obbligare i fornitori di servizi internet a bloccare siti che incitano al terrorismo o lo difendono. La proposta non fa riferimento ad alcuna autorizzazione giudiziaria né menziona procedure attraverso le quali la decisione di bloccare un sito può essere contestata in appello.
Questa misura pertanto potrebbe dar luogo a restrizioni illegali del diritto alla libertà d’espressione, soprattutto se attuata sulla base della vaga definizione di ‘difesa del terrorismo’ introdotta nel codice penale dalla legge antiterrorismo (articolo 421.2.5 della legge 2014-1353).
Amnesty International ritiene necessarie rigorose salvaguardie giudiziarie per garantire che le decisioni di bloccare i siti Internet non violino il diritto alla libertà d’espressione.
Schedario dei terroristi
Il governo ha anche annunciato la creazione di uno schedario delle persone condannate o, forse, solo ufficialmente indagate per reati di terrorismo. Le persone inserite nello schedario dovrebbero comunicare alle autorità ogni cambio d’indirizzo o viaggio all’estero. Restano ancora molti dubbi su questa proposta, in particolare sulle categorie di persone coinvolte e sulle procedure per togliere una persona dallo schedario. Così come annunciata, vi è il rischio che l’esistenza dello schedario e le richieste di aggiornarlo con variazioni d’indirizzo e viaggi all’estero possano violare i diritti alla vita privata, alla libertà di movimento e alla presunzione d’innocenza.
Amnesty International aveva già espresso preoccupazione sugli arresti e i procedimenti per ‘difesa del terrorismo’ seguiti agli attacchi di Parigi del 7 e dell’8 gennaio, che in molti casi sono apparsi violare il diritto alla libertà d’espressione.
Le autorità francesi devono assicurare che la loro azione non violi proprio i principi e i diritti che gli sconvolgenti attacchi di Parigi hanno colpito e che il governo è obbligato a rispettare.