Grafica di Gianluca Costantini
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Mercoledì 15 luglio Mario Paciolla, operatore Onu, è stato trovato morto nella sua casa di San Vicente de Caguán, un comune colombiano alle porte della foresta amazzonica, nella regione del Caquetá in Colombia.
Mario si trovava a San Vicente in qualità di collaboratore della Missione di Verifica delle Nazioni Unite, in virtù della presenza nel municipio di uno dei 24 Spazi territoriali di Formazione e Reincorporazione (Etcr) previsti dagli Accordi di Pace firmati dalle Farc-Ep e il governo colombiano nel 2016.
In un primo momento le autorità hanno parlato di suicidio, ma la madre di Mario, Anna Motta, e diversi amici e colleghi hanno ritenuto inverosimile questa ipotesi.
Le autorità locali hanno aperto un’indagine per omicidio e siamo in attesa dei risultati dell’autopsia.
Secondo la giornalista e attivista per i diritti umani, nonché grande amica di Mario, Claudia Julieta Duque, già a giugno Mario aveva avuto un diverbio con la Missione Onu: lo racconta in questa lettera pubblicata dal quotidiano colombiano El Espectador.
Dalla firma degli Accordi del 2016, avvenuta a l’Avana sotto il governo Santos, sono stati uccisi più di 135 ex guerriglieri e 970 leader sociali e attivisti per i diritti umani.
La morte di Mario Paciolla si è verificata in una regione, l’America Latina, che è la più pericolosa al mondo per i difensori dei diritti umani: le persone impegnate nella protezione dei diritti della terra, dei territori e dell’ambiente sono risultate le più esposte a omicidi mirati, criminalizzazione, sfollamento forzato e minacce.
La Colombia nel 2019 è rimasto il paese più letale, con almeno 106 omicidi, per lo più di leader contadini, nativi e di discendenza africana, nel contesto di un conflitto armato interno ancora intenso nel quale Mario Paciolla stava lavorando.
Amnesty International Italia sta seguendo con i legali e la famiglia l’evolversi dell’indagine auspicando che sia fatta piena verità e chiarezza sulle circostanze della morte di Mario Paciolla.