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Il 7 ottobre 2008 Moussa Kaka, direttore della stazione radiofonica privata Radio Saraouniya e corrispondente per il Niger di Radio France Internationale, ha finalmente fatto ritorno a casa e dalla sua famiglia dopo aver trascorso un anno e 17 giorni in una cella di otto metri quadri, nella prigione di Niamey.
Arrestato il 20 settembre 2007, venne accusato di complicità con il Movimento dei nigerini per la giustizia (Mnj), un gruppo d’opposizione armata tuareg costituitosi nel febbraio 2007, con base nella regione di Agadez, per rivendicare una ripartizione più equa dei proventi derivanti dallo sfruttamento delle risorse petrolifere e dei giacimenti di uranio e una più incisiva attuazione dell’accordo di pace che ha posto fine a cinque anni di insurrezione tuareg nel 1995.
L’accusa nei confronti del giornalista fu basata su suoi presunti contatti telefonici con alcuni membri dell’Mnj; il lavoro di Moussa Kaka in Niger prevedeva, infatti, alcune interviste ai ribelli. Il 17 novembre 2007, un giudice inquirente concluse che le intercettazioni telefoniche erano state ottenute in modo illegale e pertanto non potevano essere considerate prove valide. In seguito al ricorso contro tale decisione presentato il 12 febbraio 2008 dal procuratore, la Corte d’appello di Niamey, dopo aver cassato la decisione del giudice, ha respinto la richiesta di libertà provvisoria di Moussa Kaka. A ottobre, anche grazie alla forte pressione internazionale da parte di diverse Organizzazioni non governative, tra cui Amnesty International (AI), la Corte d’appello ha concesso la libertà provvisoria a Moussa Kaka. Le accuse contro il giornalista non sono cadute, ma sono state attenuate. Il suo caso sarà preso in esame dal tribunale correzionale di Niamey.
Il 7 novembre scorso, a Parigi, Moussa Kaka, durante un incontro con i ricercatori sul Niger del Segretariato Internazionale e la Sezione Francese di AI, ha voluto ringraziare tutti i soci e gli attivisti che hanno inviato appelli in suo favore: “Sono qui per ringraziarvi. In prigione, ho ricevuto davvero tantissime lettere da Amnesty International che mi sono state consegnate dal mio avvocato; centinaia, forse migliaia. Moltissime dall’Europa, in particolare dalla Svezia, ma numerose anche dagli Stati Uniti e dall’Asia. Le conservo tutte. Grazie a tutti coloro che hanno reso possibile il rilascio!”.