Myanmar: rilasciare tutte le persone condannate al carcere solo per aver espresso le proprie opinioni

14 Aprile 2020

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In un nuovo rapporto sulla violazione dei diritti umani in Myanmar, Amnesty International ha ancora una volta sollecitato le autorità militari e civili – Aung San Suu Kyi in primo luogo – dello stato asiatico a rilasciare tutte le persone condannate al carcere solo per aver espresso le loro opinioni.

L’elenco è lungo: poeti, studenti, attivisti politici, ambientalisti, giornalisti, sindacalisti e monaci buddisti. Secondo il gruppo della società civile Athan, solo nel 2019 331 persone sono state processate per reati di opinione.

La storia più emblematica riguarda la “Generazione del pavone“, una compagnia di giovani artisti che gira il paese mettendo in scena spettacoli di “thangyat“, una forma d’arte popolare che unisce poesia, commedia, satira e musica.

L’anno scorso, durante gli spettacoli, alcuni attori della compagna sono comparsi in scena vestiti da militari criticando le forze armate dello stato. Sono subito scattati gli arresti. Sei attori sono stati condannati a pene da due a tre anni di carcere.

Rischia di fare la stessa fine l’ambientalista Saw Tha Phoe, che si nasconde da qualche parte del paese per evitare l’arresto. Contro di lui è stato emesso un mandato di cattura per “istigazione”, dopo che aveva aiutato gli abitanti di una zona dello stato di Kayin a denunciare l’impatto sociale e ambientale di un cementificio entrato in produzione.

Nella stessa situazione si trova Aung Marm Oo, direttore del Development Media Group. La sua “colpa” è di aver raccontato, attraverso la sua agenzia di stampa, i crimini di guerra commessi nello stato di Rakhine a partire dall’agosto 2017. Accusato di aver violato la Legge sulle associazioni illegali, è stato condannato a cinque anni in contumacia. Si nasconde da oltre 10 mesi.

La repressione è proseguita anche quest’anno. A febbraio altri tre attori della “Generazione pavone” sono stati condannati a sei mesi di carcere.

A marzo, cinque studenti sono stati arrestati per aver protestato contro il blocco di Internet imposto dalle autorità negli stati di Rakhine e Chin.

Il blocco rimane tuttora in vigore, negando tra l’altro alle persone di ricevere o procurarsi informazioni fondamentali per difendersi dalla pandemia da Covid-19.

Articolo tratto dal blog Le persone e la dignità