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Due anni dopo il colpo di stato del 1° febbraio 2021, l’esercito di Myanmar continua ad arrestare arbitrariamente, torturare e uccidere nella più completa impunità. È quanto ha denunciato oggi Amnesty International, sollecitando un’azione globale per porre fine a 24 mesi di assalto ai diritti umani, compresi crimini di guerra e possibili crimini contro l’umanità.
Dal colpo di stato sono state uccise quasi 3000 persone, oltre 13.000 sono detenute in condizioni inumane, gli sfollati sono un milione e mezzo, almeno 100 detenuti sono stati condannati a morte e quattro impiccati e, infine, sette milioni e 800.000 bambine e bambini non possono andare a scuola.
L’assalto dei militari nei confronti di chiunque sia sospettato di opporsi al loro dominio ha generato un clima di paura e causato gravi violazioni dei diritti umani, compresi attacchi aerei e terrestri contro le popolazioni civili.
“È indubbio che l’esercito di Myanmar abbia potuto fare tutto questo grazie alla risposta incredibilmente inadeguata della comunità internazionale di fronte a una crisi che rischia di essere dimenticata. Non possiamo permettere che ciò accada. Questo anniversario deve evidenziare la necessità di un’azione urgente e globale, che veda protagonista anche l’Associazione delle nazioni del sudest asiatico, in grado di proteggere la popolazione di Myanmar, che subisce un assedio quotidiano da parte delle forze armate”, ha dichiarato Ming Yu Hah, vicedirettrice delle campagne di Amnesty International sull’Asia.
Nonostante i gravi rischi che corrono e la persecuzione che subiscono, persone di grande coraggio all’interno di Myanmar continuano a protestare pacificamente. Alla vigilia e nel giorno stesso dell’anniversario del colpo di stato, Amnesty International prenderà parte a iniziative di solidarietà in varie capitali del mondo, comprese Bangkok e Seul.
“Prendere le difese di coloro che in Myanmar rischiano lunghe pene detentive, torture e uccisioni per aver sfidato pacificamente i militari al potere non è affatto un gesto inutile. La solidarietà non è mai stata così importante: può rafforzare lo stato d’animo delle persone che protestano e far capire loro che non sono sole”, ha aggiunto Min Yu Hah.
Ma le Nazioni Unite e i governi dovrebbero fare qualcosa di più oltre a inviare messaggi di sostegno.
La recente, storica, risoluzione del Consiglio di sicurezza è stata apprezzata ma non basta: i governi devono esercitare maggiori pressioni sulle forze armate, chiedendo loro di scarcerare tutte le persone imprigionate arbitrariamente per aver esercitato in forma pacifica i loro diritti umani.
Amnesty International chiede al Consiglio di sicurezza di riferire la situazione di Myanmar al Tribunale penale internazionale e di istituire un embargo totale che riguardi armi, munizioni, tecnologia a doppio uso, forniture militari e di sicurezza, formazione e ogni altra forma di assistenza destinate alle forze armate di Myanmar.
Agli stati e alle aziende Amnesty International chiede di sospendere la fornitura diretta e indiretta, la vendita e il trasferimento di carburante destinato all’aviazione di Myanmar fino a quando non saranno posti in essere meccanismi efficaci per assicurare che non sia utilizzato per commettere gravi violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario.
“La situazione dei diritti umani in Myanmar è intollerabile. La popolazione soffre ogni giorno e non c’è tempo da perdere. Le richieste di agire fatte da molti governi non sono ancora bastate a fermare le gravi violazioni dei diritti umani commesse dall’esercito. La comunità internazionale non può lasciar passare altro tempo, deve assumere iniziative concrete per fermare le atrocità dei militari”, ha concluso Min Yu Hah.