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Dopo aver manifestato affinché dal porto di Genova la Bahri Yanbu, la nave da carico battente bandiera saudita, non caricasse materiali militari destinati all’Arabia Saudita, una nuova minaccia si affaccia sulle coste italiane: sono in arrivo altre navi simili della stessa compagnia.
Per questo motivo, insieme alle organizzazioni che compongono la “Rete disarmo”, chiediamo di mantenere alta l’attenzione nei porti liguri ma non solo: bisogna monitorare tutti i porti e gli aeroporti, soprattutto a Cagliari, dove da anni vengono caricate le bombe della RWM Italia destinate alla coalizione guidata dall’Arabia Saudita.
La Compagnia di navigazione nazionale dell’Arabia Saudita, nota anche con il nome di Bahri, è dotata della più grande della flotta della monarchia saudita. Sono sei le navi-cargo che percorrono la medesima rotta dai porti canadesi e statunitensi a quelli britannici e nel Mediterraneo: più o meno ogni due settimane giungono ad un porto sulla medesima rotta.
Come nel caso della Bahri Yanbu, prima di Genova, tutte toccheranno i grandi terminal militari degli Stati Uniti e del Canada dove imbarcheranno sistemi militari e armamenti.
In numerose occasioni nel 2018 e nel febbraio 2019 nelle stive delle navi Bahri sono stati individuati armamenti pesanti tra cui numerosi esemplari di “Gurkha” (Armoured rapid patrol vehicle prodotto da Terradyne Inc., Florida), “MaxxPro” (veicoli blindati prodotte da Navistar, Illinois, uno dei maggiori contractors del Pentagono), LAV-25 (Light armoured vehicles, cioè blindati gommati 8×8 prodotti da General Dynamics Land System Canada), carri armati leggeri, trailer con antenne satellitari.
Per questo riteniamo indispensabile continuare a monitorare questi cargo insieme alle altre associazioni della società civile europea e intensificare i preziosi rapporti con i lavoratori portuali degli scali liguri e con i loro sindacati di rappresentanza affinché non vengano caricati su queste navi sistemi militari e armamenti che possono venire utilizzati dalle forze armate saudite o emiratine nel conflitto in Yemen.
Cosa chiediamo al Governo italiano
Chiediamo al governo italiano di sospendere l’invio di ogni tipo di materiali d’armamento alla coalizione miliare capeggiata dall’Arabia Saudita e dagli Emirati Arabi Uniti che da più di quattro anni è intervenuta nel conflitto in Yemen utilizzando anche bombe aeree di fabbricazione italiana per effettuare bombardamenti indiscriminati che gli esperti delle Nazioni Unite hanno definito come “crimini di guerra”. Queste esportazioni sono in totale contrasto con la legge 185/1990 e col Trattato internazionale sul commercio delle armi (ATT) ratificato dal nostro Paese.
Chiediamo al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, di dare prontamente attuazione alla sua dichiarazione del 28 dicembre scorso in cui – davanti alla stampa nazionale e internazionale – ha affermato che “il governo italiano è contrario alla vendita di armi all’Arabia Saudita per il ruolo che sta svolgendo nella guerra in Yemen. Adesso si tratta solamente di formalizzare questa posizione e di trarne delle conseguenze“. Di farsi pertanto promotore, presso i paesi dell’Unione europea, di un’istanza di embargo o almeno di sospensione di forniture di armamenti e sistemi militari nei confronti dell’Arabia Saudita e degli Emirati Arabi Uniti così come richiesto da numerose risoluzioni votate ad ampia maggioranza nel parlamento europeo.
Cosa chiediamo al Parlamento Italiano
Chiediamo al Parlamento di farsi carico del problema delle forniture di armi italiane nelle zone di conflitto, in particolare per quanto riguarda la guerra in corso in Yemen. In questo senso chiediamo che sia finalmente calendarizzato e affrontato il dibattito in Commissione Esteri alla Camera fermo ormai da troppi mesi pur in presenza di alcuni testi di Risoluzione già formalmente presentati.
Cosa chiediamo ai lavoratori portuali e aereoportuali
Chiediamo di mantenere alta l’attenzione su tutti i materiali di tipo militare destinati a Paesi esteri che possono essere utilizzati per commettere gravi violazioni del diritto umanitario e delle convenzioni internazionali sancite dall’Italia. Di rifiutarsi di offrire il proprio lavoro per effettuare trasbordi di questi materiali militari, in particolare di quelli destinati alle forze armate dei Paesi impegnati nel conflitto in Yemen.
Chiediamo ai loro sindacati di predisporre le misure necessarie affinché i lavoratori che non intendono offrire il loro lavoro, siano pienamente tutelati. Cosa chiediamo a tutte le associazioni della società civile
Chiediamo di manifestare la propria adesione a queste richieste e di coordinarsi con le nostre associazioni che hanno ripetutamente chiesto ai precedenti Governi e all’attuale Governo Conte di sospendere l’invio di sistemi militari all’Arabia Saudita.
Le associazioni per i diritti umani hanno scoperto che la Bahri Yanbu stava cercando di trasportare bombe e vario materiale militare destinato anche nella guerra in Yemen. Dopo aver caricato munizioni di produzione belga ad Anversa, ha visitato o tentato di visitare porti nel Regno Unito, in Francia e Spagna, per infine attraccare nel porto italiano di Genova all’alba dal 20 maggio scorso.
Alla notizia che il cargo saudita puntava alle coste italiane, subito è scattato un tamtam irrefrenabile e senza precedenti tra Amnesty International e le altre associazioni che si occupano di diritti umani.
Insieme alle altre organizzazioni della società civile abbiamo lavorato interrottamente per quattro giorni con un unico obiettivo: non permettere l’ennesimo carico della morte. E insieme siamo riusciti a fermarla: la Bahri Yanbu non ha caricato nei nostri porti i materiali militari di produzione italiana destinati ai sauditi. Un’ampia serie di generatori elettrici è stata trasferita al Centro smistamento merci (Csm) per essere ispezionati.
Il materiale sotto ispezione era senza dubbio destinato all’uso militare. A conferma di ciò, le foto di cui l’Osservatorio OPAL Brescia è in possesso: sulle placche identificative dei generatori Teknel rimasti a terra a Genova è ben visibile il destinatario finale: “Ministry of National Guard Saudi Arabia”, Project name: “SMTS” che sta per Space Missile and Tracking System.
Amnesty International Italia, Comitato per la riconversione RWM e il lavoro sostenibile, Movimento dei Focolari Italia, Rete della Pace, Rete Italiana per il Disarmo, Save the Children Italia.