Nel 15esimo anniversario dei gravi fatti di Genova, si ferma nuovamente la discussione sul reato di tortura. Il commento di Amnesty International Italia

19 Luglio 2016

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Con una infelice coincidenza temporale, proprio mentre ricorre il 15esimo anniversario delle gravi violazioni dei diritti umani avvenute a Genova nel 2001, la discussione parlamentare sull’introduzione nel codice penale del reato di tortura ha conosciuto un ulteriore, ennesimo stop.

La sera del 19 luglio, al termine della riunione dei capigruppo, il presidente del Senato ha infatti annunciato il differimento sine die dell’esame del ddl tortura ‘al fine di ulteriori approfondimenti sul testo‘.

Dopo 27 anni, sei mesi e 10 giorni da quando l’Italia ha assunto l’obbligo, ai sensi della Convenzione Onu contro la tortura, di introdurre il relativo reato nel codice penale, la discussione pare nuovamente a un punto morto.

Negli ultimi giorni, contro il reato di tortura si è pronunciato anche il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, paventando il rischio che la sua introduzione costituirebbe un danno per le forze di polizia.

Non pare davvero che nei numerosi paesi europei in cui esiste il reato di tortura, l’operatività, l’onore o l’autorevolezza delle forze di polizia siano compromessi‘ – ha dichiarato Antonio Marchesi, presidente di Amnesty International Italia.

In uno stato di diritto è nell’interesse specifico della polizia, oltre che nell’interesse generale dei cittadini, che i crimini – e la tortura è un crimine – siano puniti. Il Ministro dell’interno, affermando che il reato di tortura non va approvato in quanto dannoso per la forze di polizia, sembra dire esattamente il contrario. Speriamo che si corregga, e che dimostri di avere una cultura dei diritti umani. Al momento il dubbio che non sia così è legittimo‘.

Nel 2011, in occasione del decimo anniversario di Genova, avevamo parlato di una ‘macchia intollerabile e impunita nella storia dei diritti umani in Italia’. Siamo costretti a usare le stesse parole, cinque anni dopo. Cinque anni passati invano, dal punto di vista dell’adeguamento della legge italiana agli obblighi internazionali in materia di tortura, come più volte ricordato dagli organi di giustizia europei‘.