Nicaragua: repressioni, torture ed esecuzioni extragiudiziali. Il rapporto

19 Ottobre 2018

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Dall’inizio di giugno il governo del presidente Ortega ha intensificato la strategia repressiva tramite cosiddette “operazioni di pulizia” che hanno preso di mira i manifestanti attraverso arresti arbitrari, torture e il massiccio e indiscriminato uso della forza eccessiva da parte della polizia e di gruppi filo-governativi muniti di armi pesanti.

A sei mesi dall’inizio della repressione contro le proteste sulle riforme in materia pensionistica, con un nostro nuovo report dal titolo “Instillare il terrore: l’uso della forza letale in Nicaragua”, abbiamo documentato possibili gravi violazioni dei diritti umani e crimini di diritto internazionale commessi dalle autorità nicaraguensi tra il 30 maggio e il 28 settembre.

Il rapporto si è basato su due missioni di ricerca condotte in Nicaragua e Costa Rica a luglio e a settembre, nel corso delle quali abbiamo intervistato 115 persone e documentato 25 casi di violazione dei diritti umani. Un team di esperti ha inoltre analizzato oltre 80 documenti audiovisivi e fotografici per fornire al rapporto un’analisi di contesto.

Dopo un nostro primo rapporto uscito a fine maggio 2018, oggi denunciamo come il governo locale abbia portato avanti e intensificato la sua voluta strategia repressiva mortale, nell’intento di fermare le proteste e punire tutti coloro che vi partecipano.

Il presidente Ortega e la vicepresidente Murillo sono alla guida di questa strategia e ricorrono spesso alla demonizzazione dei manifestanti per giustificare il violento giro di vite e continuare a smentire qualsiasi violazione dei diritti umani.

Al 24 agosto, le persone uccise (in prevalenza da forze dello stato) erano almeno 322 e oltre 2000 i feriti, cui va aggiunta l’uccisione di 21 agenti di polizia. Secondo Ong locali, alla data del 18 agosto le autorità nicaraguensi avevano aperto procedimenti penali nei confronti di almeno 300 manifestanti. Di confronto, per quanto ci risulti, non vi sono stati arresti né incriminazioni per gravi crimini di diritto internazionali, quali la tortura e le esecuzioni extragiudiziali.

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Il presidente Ortega non solo ha dispiegato le forze di polizia per arrestare arbitrariamente e torturare i manifestanti, ma ha anche utilizzato gruppi armati filo-governativi, muniti di armi pesanti, per uccidere, ferire e terrorizzare le coraggiose persone che sfidavano la sua strategia repressiva”, ha dichiarato Erika Guevara-Rosas, direttrice per le Americhe di Amnesty International.

Le autorità nicaraguensi devono immediatamente smantellare e disarmare tutti i gruppi armati filo-governativi e assicurare che la polizia usi solo la forza legittima, proporzionata e necessaria durante le manifestazioni, quando appropriato. Invece di criminalizzare i manifestanti come ‘terroristi’ o ‘cospiratori’, il presidente Ortega deve garantire alla sua popolazione il diritto di protesta pacifica e quello alla libertà di espressione”, ha aggiunto Guevara-Rosas.

Gruppi armati filo-governativi dotati di armi di guerra

Le autorità statali hanno fatto sempre più ricorso a gruppi filo-governativi dotati di armi a uso militare i quali hanno agito, spesso in tandem con le forze di polizia, per scoraggiare le proteste, terrorizzare la popolazione e distruggere le barricate erette dai manifestanti.

Nell’assedio del 13 luglio dell’Università autonoma nazionale del Nicaragua, che ha sede nella capitale Managua, gruppi armati filo-governativi armati di tutto punto hanno attaccato in modo indiscriminato gli studenti che difendevano il campus, uccidendone due e ferendone 16 mentre la polizia bloccava le uscite, intrappolando oltre 200 persone.

In questo nuovo report abbiamo documentato l’uso, da parte della polizia e dei gruppi armati filo-governativi, di fucili del tipo AK; di fucili di precisione Dragunov, Remington24 e FN SPR; di armi automatiche RPK e PKM e persino di lanciarazzi a spalla PG-7 muniti di granate. In alcuni casi si tratta di armi di guerra il cui uso è vietato nelle operazioni di mantenimento della pubblica sicurezza.

Sebbene talvolta i manifestanti abbiano usato mortai artigianali e, in casi sporadici, pistole e fucili, questo non giustifica l’uso massiccio, sproporzionato e soprattutto indiscriminato della forza letale contro tutti i manifestanti, in luogo di una risposta con la minima forza necessaria per ripristinare la pubblica sicurezza.

Le esecuzioni extragiudiziali

Un dato molto preoccupante che emerge dal report è la rilevazione di sei possibili casi di esecuzione extragiudiziale, un crimine di diritto internazionale: tra questi, l’uccisione del 16enne Leyting Chavarría, raggiunto da un proiettile al petto mentre le forze di polizia e i gruppi armati filo-governativi stavano assaltando le barricate erette nella città di Jinotega. Secondo testimoni oculari, un agente di polizia ha ucciso il ragazzo, che aveva in mano unicamente una fionda.

Le forze di polizia hanno ucciso anche un loro collega, Faber López. Sebbene il governo abbia accusato “terroristi” armati, la famiglia del poliziotto ha denunciato che il corpo non presentava fori di proiettile bensì segni di tortura. Alla vigilia della sua morte, López aveva telefonato ai suoi familiari annunciando che avrebbe dato le dimissioni e che se non li avesse contattati il giorno dopo, sarebbe stato perché i suoi colleghi l’avevano ucciso.

Torture e arresti arbitrari

Nel report segnaliamo anche sette casi di probabili arresti arbitrari, oltre a violazioni della correttezza delle procedure giudiziarie, parte della strategia governativa per stroncare il movimento di protesta. Evidenziamo anche casi di tortura per punire i manifestanti, alterare le prove e ottenere informazioni sull’organizzazione e la direzione delle proteste.

Sulla tortura abbiamo informazioni circa almeno 12 casi, compreso un caso di torture sessuali contro una ragazza in un centro di detenzione ufficiale. In diversi casi, a un mese di distanza, le vittime incontrate dall’organizzazione per i diritti umani recavano ancora i segni delle torture subite.

Un numero crescente di vittime di violazioni dei diritti umani ha rinunciato a presentare denuncia per timore di rappresaglie. Invece di condurre indagini tempestive, imparziali e approfondite, le autorità spesso intimidiscono e minacciano le vittime e i loro familiari.

Sfollamenti interni e migrazioni forzate

La crisi ha causato lo sfollamento interno e la migrazione forzata di migliaia di persone. Il 31 luglio l’Alto commissariato Onu per i rifugiati ha segnalato che almeno 8.000 persone avevano chiesto asilo nella Costa Rica, mentre altre 15.000 avevano preso appuntamento per un colloquio nelle settimane successive.

Adottando strategie sempre più spietate e sofisticate per reprimere la sua popolazione, il presidente Ortega ha acuito la peggiore crisi dei diritti umani degli ultimi decenni, costringendo migliaia di persone a lasciare le loro case e a cercare salvezza in altre zone del paese o nella confinante Costa Rica. Il governo Ortega deve porre immediatamente fine alla violenta repressione”, ha concluso Guevara-Rosas.