Nigeria, la Shell fornisce dati non credibili sulle fuoriuscite di petrolio

25 Gennaio 2011

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Amnesty International e Friends of the Earth International hanno presentato un reclamo ufficiale contro la Shell per violazioni degli standard di base sulla responsabilità delle imprese stabiliti dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Organisation for Economic Co-operation and Development  – Oecd).

Secondo le due organizzazioni, l’utilizzo di informazioni ingannevoli e dubbie per attribuire la responsabilità della maggior parte dell’inquinamento petrolifero nel Delta del Niger ai sabotatori ha violato le linee guida dell’Oecd destinate alle imprese multinazionali.
Il reclamo è stato presentato ai punti di contatto dei governi olandese e inglese presso l’Oecd.

Il 26 gennaio, l’impatto delle attività della Shell sull’ambiente e sui diritti umani in Nigeria sarà esaminato durante un’udienza del parlamento tedesco.

A metà degli anni Novanta, la Shell aveva ammesso che gran parte dell’inquinamento petrolifero nel Delta del Niger era dovuto a negligenze della compagnia. Adesso, invece, attribuisce la responsabilità della gran parte dei problemi ai sabotaggi messi in atto dalle comunità locali e da criminali, citando dati non credibili che hanno la pretesa di dimostrare come il 98 per cento delle fuoriuscite di petrolio dipenda dai sabotaggi.

Nonostante il sabotaggio nella regione sia un problema, Amnesty International e Friends of the Earth International hanno ripetutamente contestato l’uso da parte della Shell di questi dati, che sono stati duramente criticati dai gruppi ambientalisti e dalle comunità locali. In base alla legge nigeriana, quando le fuoriuscite sono classificate come conseguenza di sabotaggio, la Shell non ha l’obbligo di risarcire per il danno arrecato alle persone e ai loro mezzi di sussistenza.

Friends of the Earth International e Amnesty International hanno constatato che in molti casi le compagnie petrolifere hanno una significativa influenza nella definizione delle cause ufficiali delle perdite.

Malgrado le ripetute richieste, la Shell non ha ancora spiegato su cosa si basano i dati pubblicati e come sono stati raccolti. Inoltre, Amnesty International e Friends of the Earth International hanno documentato casi dove la Shell sosteneva che la causa delle fuoriuscite era il sabotaggio, affermazioni messe in dubbio da altre indagini o da tribunali.

Nel 2009 la Shell è stata costretta a rivedere le informazioni ingannevoli che aveva fornito sulle cause delle fuoriuscite di petrolio. Dopo aver sostenuto più volte che l’85 per cento di tutte le perdite nel 2008 era stato causato da atti di sabotaggio, ha annunciato che quella cifra era più vicina al 50 per cento. Entrambe le dichiarazioni non sono state adeguatamente spiegate. Inoltre, la Shell non ha fatto quasi nulla per correggere l’effetto negativo che la diffusione del dato dell’85 per cento ha generato.

In più di mezzo secolo di attività della Shell nel Delta del Niger, le migliaia di fuoriuscite hanno causato un danno ambientale spaventoso. L’acqua che le persone usano per bere e da cui pescano sono contaminate, mentre la terra necessaria per l’allevamento e l’agricoltura  è stata distrutta.

L’uso improprio di dati sulle cause delle perdite di petrolio, e il fallimento della Shell e del governo nel garantire indagini eque e credibili sulle violazioni dei diritti umani, negano giustizia e risarcimento alle comunità locali.

Il lavoro di Amnesty International sulla responsabilità delle aziende

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