Tempo di lettura stimato: 7'
In un rapporto pubblicato oggi, Amnesty International ha dichiarato che una legge approvata dal parlamento irlandese nel 2017, il cui scopo dichiarato era quello di proteggere dallo sfruttamento le vittime del traffico di esseri umani e le lavoratrici e i lavoratori del sesso, ha invece favorito la persecuzione e la violenza senza che lo stato intervenisse a garantire protezione.
Il rapporto, intitolato “Viviamo all’interno di un sistema violento: la violenza strutturale contro le lavoratrici e i lavoratori del sesso in Irlanda”, rivela come la criminalizzazione di vari aspetti del loro lavoro stia costringendo le lavoratrici e i lavoratori del sesso a evitare i contatti con la polizia e correre dunque maggiori rischi e stia mettendo in pericolo le loro vite e la loro sicurezza.
“Una normativa che voleva proteggere le lavoratrici e i lavoratori del sesso sta esponendo queste persone a un rischio maggiore di violenza, compresi gli stupri e le aggressioni fisiche. Ce lo dicono le dirette interessate riguardo alla legge del 2017. Il governo irlandese deve iniziare ad ascoltarle”, ha dichiarato Colm O’Gorman, direttore generale di Amnesty International Irlanda.
La quarta sezione della Legge sui reati sessuali, oltre a criminalizzare l’acquisto di prestazioni sessuali, aumenta significativamente le sanzioni per chi gestisce un bordello (due o più lavoratrici o lavoratori del sesso che vendono prestazioni sessuali nello stesso edificio) prevedendo multe fino a 5000 euro o a 12 mesi di carcere.
“Dalle nostre ricerche è emerso chiaramente che criminalizzare l’acquisto di prestazioni sessuali costringe le lavoratrici e i lavoratori del sesso a prendersi maggiori rischi, così come penalizzare l’attività dei bordelli impedisce loro di lavorare insieme e dunque di assicurarsi reciprocamente sicurezza”, ha aggiunto O’Gorman.
La maggior parte delle lavoratrici e dei lavoratori del sesso che ha preso parte alla ricerca vuole la completa decriminalizzazione del lavoro sessuale, incluso l’acquisto di prestazioni sessuali, e ritiene che condividere uno stesso ambiente con colleghe e colleghi contribuisca ad aumentare la sicurezza e limiti i potenziali rischi di violenza.
“Una donna sola con un uomo non va bene. C’è bisogno di un’altra donna nello stesso luogo, che possa ascoltare cosa sta accadendo. Stare da sole è molto pericoloso”, ha dichiarato una lavoratrice del sesso.
“Una notte mi sono appartata in un vicolo cieco in modo che la polizia non potesse arrivare fino lì. Ma allo stesso tempo, non avevo via di fuga se qualcosa fosse andato storto. Ecco un esempio concreto di cosa accade quando la polizia prende di mira i clienti”, ha dichiarato un’altra lavoratrice del sesso.
Dalla ricerca di Amnesty International è anche emerso come la mancanza di fiducia nella polizia e lo stigma sociale rafforzato dalla legge del 2017 siano costanti elementi di preoccupazione tra le lavoratrici e i lavoratori del sesso.
La maggioranza di loro, nel corso delle interviste, ha riferito di aver subito violenza ma di aver avuto timore di chiamare la polizia per la mancanza di fiducia, la sensazione che non sarebbe successo nulla e anche la paura di subire minacce e intimidazioni proprio da parte della polizia. Molte hanno poi dichiarato di temere che i proprietari delle strutture in cui svolgono lavoro sessuale ricevano notifiche dalle autorità o siano comunque presi di mira dalla polizia, col risultato di essere sgomberate e rimanere senza dimora.
“Per me la polizia è più una minaccia che una protezione”, ha dichiarato una lavoratrice del sesso.
“Occorre una decriminalizzazione totale. In ogni lavoro, se t’imbatti in un cliente cattivo e ti accade qualcosa, chiami la polizia. Qui no. Occorre creare un ambiente sicuro intorno a noi”, ha aggiunto un’altra lavoratrice del sesso.
A temere di più i contatti con la polizia sono le lavoratrici e i lavoratori del sesso migranti che sono in condizioni di irregolarità o intendono chiedere la cittadinanza irlandese. Una di loro ha dichiarato:
“Chiamerei la polizia solo se stessi agonizzando a terra. Preferisco correre un rischio con un cliente piuttosto che con un agente di polizia”.
Per molte delle persone intervistate da Amnesty International, la criminalizzazione del cliente si aggiunge ai già alti livelli di stigmatizzazione sociale e di discriminazione per motivi di razza, etnia, genere, identità di genere, disabilità, uso di droghe, status migratorio o assenza di dimora.
La ricerca ha messo in luce la mancanza di dati sulle esperienze delle lavoratrici e dei lavoratori del sesso e l’affidarsi continuo del governo a dati non aggiornati e a ricerche approssimative che associano il traffico di esseri umani a scopo di sfruttamento sessuale al lavoro sessuale. È anche emerso che le autorità non hanno consultato a sufficienza le lavoratrici e i lavoratori del sesso nella fase di stesura della legge del 2017.
Il governo irlandese sta attualmente rivedendo la legge e questa volta le lavoratrici e i lavoratori del sesso vogliono che la loro voce sia ascoltata.
“La revisione della legge costituisce un’opportunità importante per assicurare che la normativa protegga davvero le lavoratrici e i lavoratori del sesso. Ma perché ciò accada, queste persone dovranno essere consultate in modo significativo in modo che le loro esperienze di vita possano influenzare le leggi e le prassi che intendono proteggerle”, ha concluso O’Gorman.
Da un sondaggio condotto da Amnesty International nel dicembre 2021 è emerso che il 70 per cento delle persone che vivono in Irlanda ritiene che le lavoratrici e i lavoratori del sesso dovrebbero essere consultati su qualsiasi provvedimento legislativo che li riguardi direttamente, mentre il 73 per cento pensa che le lavoratrici e i lavoratori del sesso abbiano il diritto di prendere decisioni sui loro corpi e sulle loro vite.