Tempo di lettura stimato: 3'
Cara amica, caro amico,
alcune vicende e alcune tendenze che hanno caratterizzato l’estate del 2017 dovrebbero averci reso più consapevoli dei rischi a cui va incontro anche in Italia la tenuta dei diritti umani.
Le scelte di politica internazionale si basano ormai, al di là delle affermazioni retoriche, sull’idea che i diritti delle persone debbano essere sacrificati ogni volta che sia necessario, in nome di un presunto realismo che in verità poco aiuta il nostro paese a recuperare credibilità internazionale.
È questa idea ad avere ispirato la scelta di rimandare al Cairo il nostro ambasciatore, nonostante la verità sul caso Regeni sia ancora lontana, sostenendo (ma senza né spiegare né convincere, come la “copertura” di una scelta motivata da altro) che questa inversione di rotta sarebbe servita allo scopo, in vista del quale il governo aveva adottato la misura contraria. Ed è questa l’idea alla base della scelta di tenere le persone il più lontano possibile dai nostri confini “a qualsiasi costo”, anche se ciò significa finanziare, assistere, rafforzare soggetti su cui la Corte penale internazionale ha avviato indagini per crimini contro l’umanità.
Ed è ancora questa la ragione che ha portato ad aggredire chi invece mette i diritti al centro delle proprie azioni: le Ong, contro le quali sono stati imposti ostacoli illegittimi ed è stata orchestrata una campagna denigratoria.
L’estate 2017 sarà ricordata però anche per una piazza di Roma che si è riempita di persone, anziani e bambini compresi, sgomberate dalle forze di polizia con modalità inaccettabili, in violazione di standard internazionali; per gli episodi quotidiani di razzismo che una parte della società “civile” considera giustificabili; per l’indignazione selettiva dei mezzi d’informazione, che attribuiscono rilievo diverso alle notizie di stupro a seconda di chi ne sia il presunto autore.
Di fronte a un paese che non sa riconoscere il bene e il giusto, a suo agio in un contesto di tensione e cattiveria, a un paese che ha perso la memoria e che sembra avere accettato l’idea, un tempo minoritaria, che i diritti umani non valgono per tutti, non possiamo limitarci a guardare.
Dobbiamo volere e saper reagire.
Antonio Marchesi, presidente di Amnesty International Italia