Norvegia, famiglia afgana rischia imminente rimpatrio. Amnesty International: “non rimandateli in mezzo ai pericoli”

31 Ottobre 2017

© Amnesty International

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Se proseguirà nel suo intento di rimpatriarla, il governo norvegese farà correre a una famiglia afgana gravi rischi di subire violazioni dei diritti umani. Questa è l’accusa rivolta alle autorità di Oslo da Amnesty International di fronte alla concreta possibilità che Taibeh Abbasi (18 anni, mai stata in Afghanistan), sua madre e i suoi fratelli vengano rimpatriati.

Amnesty International sta appoggiando la campagna per scongiurare il rimpatrio, di cui sono protagonisti i compagni di scuola di Taibeh di un istituto di Trondheim.

“Taibeh Abbasi è una ragazza conosciuta, molto integrata e col sogno di diventare dottoressa. Ma la sua vita potrebbe cambiare per sempre. Come migliaia di altri afgani che hanno trovato un rifugio sicuro nei paesi europei, lei e la sua famiglia rischiano di essere sradicati e inviati in una zona di guerra”, ha dichiarato Charmain Mohamed, direttore del programma Diritti dei migranti e dei rifugiati di Amnesty International.

“L’enorme sostegno che Taibeh sta ricevendo dai suoi compagni di scuola dimostra quando il governo norvegese sia fuori sintonia rispetto a questi giovani. Con la loro determinazione a proteggere la loro amica e la sua famiglia, questi studenti hanno stabilito un meraviglioso esempio, ricordandoci che ognuno può fare qualcosa per accogliere le persone che fuggono dalla guerra e dalla persecuzione”, ha aggiunto Mohamed.

Taibeh Abbasi è nata in Iran da genitori afgani. Nel 2012 è fuggita in Norvegia con sua madre e i suoi due fratelli. Il governo norvegese giustifica la decisione del rimpatrio sostenendo che l’Afghanistan è un paese sicuro, un’affermazione contraddetta da Amnesty International e da numerose altre organizzazioni.

I governi europei stanno costringendo un numero sempre maggiore di richiedenti asilo afgani a fare ritorno nelle zone a rischio da cui erano fuggiti, in clamorosa violazione del diritto internazionale. Il mese scorso un rapporto di Amnesty International ha denunciato il profondo aumento dei rimpatri forzati di afgani dall’Europa proprio nel periodo in cui il numero delle vittime civili è arrivato a livelli senza precedenti. Il rapporto racconta le terribili storie di afgani rimpatriati da paesi europei solo per essere uccisi o feriti in attentati o per vivere nel costante timore di subire persecuzioni.

Amnesty International sta chiedendo la sospensione di tutti i rimpatri fino a quando questi non possano aver luogo in condizioni di sicurezza e dignità.

Molte altre fonti – tra cui le Nazioni Unite, i servizi di sicurezza degli Usa, varie ambasciate e organizzazioni umanitarie internazionali – hanno segnalato che la situazione della sicurezza in Afghanistan è fortemente peggiorata. Solo una settimana fa, la Commissione europea ha annunciato l’aumento dell’assistenza umanitaria all’Afghanistan, proprio alla luce del deterioramento della situazione.

Il 4 ottobre 2017 a Trondheim oltre 1500 persone hanno preso parte a una manifestazione organizzata dagli studenti della scuola di Taibeh. In un commovente discorso ai partecipanti, Taibeh ha espresso la sua paura di essere rimandata in Afghanistan: “Non ci aspetterà una vita di pace. Io come ragazza rischierò ancora più degli altri. I miei sogni di studiare e fare carriera saranno distrutti”.

Parlando con Amnesty International, Taibeh ha detto: “Immaginare una vita in Afghanistan è davvero difficile. Non riesco a vedere alcun futuro lì per me e per i miei fratelli. Le uniche immagini che mi vengono in mente sono negative. Oggi in Afghanistan i ragazzi ma soprattutto le ragazze subiscono rapimenti e stupri, vanno incontro al lavoro forzato e ad altre cose terribili. Se verrò rimandata lì, finirò per essere una di loro”.

“La storia di Taibeh esemplifica le politiche crudeli e inumane di molti paesi europei, che stanno chiudendo un occhio sulla realtà della vita in Afghanistan per aumentare il numero dei rimpatri. L’Afghanistan non è un paese sicuro per nessuno. I ministri europei sarebbero contenti di inviare le loro figlie adolescenti in questo cosiddetto paese ‘sicuro’?”, ha sottolineato Mohamed.

“Rimandare la famiglia Abbasi in Afghanistan sarebbe un gesto spietato e non necessario e priverebbe tre persone del loro futuro. Noi stiamo dalla parte di Taibeh e di tutti gli altri afgani che rischiano di essere rimpatriati. Chiediamo al governo norvegese di sospendere immediatamente tutti i rimpatri indicando con chiarezza al mondo che rimandare i richiedenti asilo afgani nel loro paese è pericoloso, immorale e illegale”, ha concluso Mohamed.

Ulteriori informazioni

La Norvegia è uno dei paesi europei che esegue il maggior numero di rimpatri di afgani, non solo in proporzione alla sua piccola popolazione di cinque milioni di abitanti ma anche in termini assoluti. Secondo le autorità di Kabul, il 32 per cento (97 su 304) delle persone rimpatriate nei primi quattro mesi del 2017 proveniva dalla Norvegia.

Il principio giuridico vincolante del non rimpatrio (non-refoulement) significa che i paesi europei non possono trasferire una persona in un luogo dove sia a rischio concreto di subire gravi violazioni dei diritti umani. Rimpatriare i richiedenti asilo afgani addirittura mentre la violenza è in aumento, è una clamorosa violazione del diritto internazionale.

FINE DEL COMUNICATO

Roma, 31 ottobre 2017

Il rapporto “Forced back to danger: asylum-seekers returned from Europe to Afghanistan” del 5 ottobre scorso è online all’indirizzo:

https://www.amnesty.it/amnesty-international-accusa-governi-europei-rimandati-quasi-10-000-afgani-verso-rischio-morte-tortura/

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