Nostra delegazione a Malta per l’udienza contro i “tre della El Hiblu”

27 Gennaio 2022

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Alla vigilia dell’ultima udienza dell’inchiesta contro i “tre della El Hiblu”, una delegazione di Amnesty International si sta recando a Malta per sollecitare l’archiviazione delle accuse nei loro confronti. 

Nel marzo 2019, tre adolescenti richiedenti asilo, un ivoriano di 15 anni, e due guineani di 16 e 19 anni, si imbarcarono su un affollato gommone in partenza dalle coste libiche. Insieme ad altre 108 persone vennero salvate da un mercantile chiamato “El Hiblu”.

Ogni capitano di qualsiasi imbarcazione ha il dovere legale di salvare vite in pericolo in mare e di sbarcarle in un porto sicuro. La Libia non è un posto sicuro. La situazione di migranti e rifugiati nel paese è ampiamente documentata: detenzione arbitraria, tortura, violenze sessuali e sfruttamento.

Alle persone salvate era stata promessa la salvezza in Europa, ma si resero ben presto conto che stavano per esser riportate indietro, in Libia. All’idea di tornare alle torture da cui erano fuggite, a bordo della nave si diffuse il panico.

Sapendo che parlava inglese, il primo ufficiale chiede a uno dei ragazzi “Che cosa posso fare per calmarli?”. Non riportarci in Libia, fu la risposta.

La nave invertì la rotta e si diresse verso Malta. I tre giovani aiutarono l’ufficiale facendo da traduttori e tranquillizzando le persone salvate.

Ma media e politici cavalcarono la storia, accusando i tre ragazzi di avere sequestrato la “El Hiblu”, e la Marina maltese fermò la nave. I tre giovani vennero fatti sbarcare in manette, nonostante la polizia avesse testimoniato che l’equipaggio aveva avuto tutto sotto controllo, nessuno era stato ferito e non c’erano stati danni.

“Questi ragazzi hanno solo cercato di proteggere sé stessi e gli altri compagni di viaggio evitando di tornare quasi certamente in un luogo di tortura, detenzione, stupro e sfruttamento in Libia. Da tre anni le loro vite sono in sospeso ed è davvero venuto il momento di annullare le accuse nei loro confronti e lasciarli vivere in pace”, ha dichiarato Elisa De Pieri, ricercatrice di Amnesty International.