Nuova ricerca sui diritti umani in Venezuela: schema repressivo, possibile persecuzione, un crimine contro l’umanità

10 Febbraio 2022

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Una ricerca diffusa oggi da Amnesty International in collaborazione con Foro Penal e Centro para los defensores y la justicia (Cdj) ha evidenziato come le politiche repressive in Venezuela siano state basate sul coordinamento degli attacchi e su messaggi negativi diffusi dai mezzi d’informazione vicini al governo Maduro, con un chiaro intento di discriminazione politica.

“Il mondo conosce da anni le politiche repressive del governo Maduro. La nostra ricerca documenta casi in cui vi è stata un’elevata correlazione tra stigmatizzazione pubblica e arresti arbitrari politicamente motivati. Questa correlazione è un nuovo indicatore di una sistematica politica di repressione che conduce alla persecuzione, un crimine contro l’umanità su cui il Tribunale penale internazionale è chiamato a indagare”, ha dichiarato Erika Guevara-Rosas, direttrice per le Americhe di Amnesty International.

La ricerca, durata un anno, è stata realizzata in collaborazione con Foro Penal e Cdj, due organizzazioni per i diritti umani venezuelane. Per analizzare i dati prodotti dalle due Ong nel periodo tra gennaio 2019 e giugno 2021 sono stati applicati vari modelli statistici – tra cui la correlazione di Pearson – validati da un processo di revisione tra pari.

“Abbiamo documentato come le campagne di stigmatizzazione siano state il punto di partenza della repressione e della criminalizzazione politica. A partire dai livelli più alti dello stato, questo schema è servito a screditare, accusare, minacciare e prendere di mira coloro che difendono, promuovono e chiedono il rispetto dei diritti umani attraverso dichiarazioni pubbliche, i media mainstream, i social media e altri mezzi di comunicazione istituzionali e personali. La stigmatizzazione si basa sulla narrazione che c’è un nemico interno e si concretizza in atti di violenza e di persecuzione da parte dello stato”, ha spiegato Marianna Romero, direttrice generale del Cdj.

Nel 2019 la correlazione tra stigmatizzazione attraverso i mezzi di comunicazione e arresti arbitrari politicamente motivati era stata del 29 per cento, nel 2020 era salita al 42 per cento e nel 2021 è arrivata al 77 per cento.

La correlazione annuale varia a seconda delle diverse forze di sicurezza coinvolte negli arresti. Nel 2019, nel 74 per cento dei casi erano stati i servizi d’intelligence (Direzione generale del controspionaggio militare e Servizi segreti bolivariani nazionali); nel 2020, il 92 per cento degli arresti aveva chiamato in causa varie unità della Polizia bolivariana nazionale, tra cui le Forze speciali d’azione; nel 2021, infine, hanno operato maggiormente organi civili e decentrati, come le stesse Forze speciali d’azione, la polizia municipale e i Corpi d’indagine scientifica, penale e criminale.

Un’altra importante conclusione della ricerca è l’altissima correlazione (94 per cento) osservata tra gennaio 2019 e giugno 2021 tra la stigmatizzazione prodotta dal programma televisivo “Con el mazo dando” e gli arresti arbitrari politicamente motivati eseguiti dai servizi militari e che hanno dato luogo a processi presso i tribunali militari.

La dimensione qualitativa della ricerca include analisi sul fenomeno della stigmatizzazione, sugli arresti arbitrari politicamente motivati, sulla natura e il funzionamento dei mezzi di comunicazione legati al governo – molti dei quali beneficiano di finanziamenti pubblici – e sul contesto sociale e politico venezuelano durante il periodo coperto dalla ricerca. Il tutto è stato messo a confronto con gli standard e le norme del diritto internazionale. Ne è derivata la conclusione che la stigmatizzazione produca persecuzione politica.

“Sulla base dei risultati che abbiamo ottenuto, non c’è dubbio che esista una stretta correlazione tra agenti dello stato venezuelano, mezzi di comunicazione pubblici e privati e attacchi contro chi difende i diritti umani”, ha sottolineato Gonzalo Himiob, direttore di Foro Penal.

Le tre organizzazioni hanno chiesto all’Ufficio del procuratore del Tribunale penale internazionale di valutare l’inserimento dei contenuti della ricerca nell’indagine in corso sui crimini contro l’umanità in Venezuela, in modo da individuare i principali attori, i casi specifici e i possibili partecipanti ai crimini contro l’umanità come la persecuzione e la privazione arbitraria della libertà.

Le tre organizzazioni hanno inoltre sollecitato la comunità internazionale a continuare a sostenere la Commissione internazionale indipendente di accertamento dei fatti, il cui mandato è di contribuire a chiamare a rispondere gli autori delle violazioni dei diritti umani commesse in Venezuela dal 2014.