Rebecca Hendin
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Sono 107.273 le firme, provenienti da 180 stati, poste in calce all’appello di Amnesty International che chiede agli stati membri delle Nazioni Unite di contribuire a fermare la vendita, il trasferimento e l’uso di spyware e porre così fine all’endemica e illegale sorveglianza di attivisti, giornalisti, avvocati ed esponenti politici.
L’appello chiede alle Nazioni Unite una moratoria globale sulla tecnologia di sorveglianza fino a quando questa non sarà regolamentata in modo adeguato a proteggere i diritti umani.
“Siamo di fronte a una crisi globale provocata dagli spyware: attivisti, giornalisti e avvocati vengono sottoposti a un’invadente sorveglianza con l’obiettivo di spaventarli e costringerli al silenzio”, ha dichiarato Agnés Callamard, segretaria generale di Amnesty International.
“Abbiamo urgente bisogno di maggiori protezioni sui diritti umani rispetto all’esportazione della tecnologia di sorveglianza. Gli stati membri delle Nazioni Unite devono smettere di usare e di tollerare l’uso degli spyware come strumenti di repressione. Fino a quando ciò non accadrà, chiediamo che sostengano una moratoria globale sull’export degli spyware”, ha aggiunto Callamard.
Oggi le voci delle vittime della sorveglianza illegale saranno ascoltate nel cuore delle Nazioni Unite, a New York. Una sarà quella di Julia Gavarrete, giornalista di El Salvador:
“Ora il mio modo di comunicare è cambiato, sono cambiati i luoghi dove ero solita andare e penso sempre due volte a che genere di informazioni voglio condividere, non solo per la mia sicurezza ma anche per proteggere coloro che comunicano con me. Devo stare in guardia rispetto ai posti in cui vado e stare molto attenta ogni volta che ho il telefono vicino a me. Come giornalista devo salvaguardare le mie fonti, ma come donna devo proteggere la mia famiglia e i miei amici”.
Le aziende continuano a fare profitti attraverso la vendita di spyware usati per la sorveglianza illegale. Ogni mese emergono nuovi casi, dopo quelli di El Salvador, Spagna, Grecia, Egitto, Israele/Territori palestinesi occupati, Marocco/Sahara occidentale, Polonia e Thailandia. Ma, data la dimensione opaca e priva di regole dell’industria degli spyware, potremmo non conoscere mai quante altre persone sono state sorvegliate.
Gli stati hanno l’obbligo non solo di rispettare i diritti umani ma anche di far sì che questi non siano violati da terze parti, comprese le aziende private.