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Omar al-Bashir, l’ex presidente del Sudan deposto da un colpo di stato militare il 6 aprile, è stato trasferito nella prigione di massima sicurezza di Kober, nella capitale Khartoum.
“Al-Bashir è accusato di crimini di guerra, crimini contro l’umanità e genocidio e dev’essere immediatamente consegnato al Tribunale penale internazionale per essere processato. Non può e non deve essere processato in fretta e furia nell’ambito del sistema giudiziario sudanese, di cui è noto il malfunzionamento. Occorre che vi sia giustizia“, ha dichiarato Joan Nyanyuki, direttrice per l’Africa orientale, il Corno d’Africa e la regione dei Grandi laghi di Amnesty International.
“Il processo internazionale non solo è fondamentale per le vittime degli atroci crimini che hanno condotto all’incriminazione di al-Bashir ma deve anche costituire il primo passo per assicurare giustizia in Sudan. Le nuove autorità dello stato africano devono prendere misure urgenti per ricostruire il settore della giustizia ma, nel frattempo, l’unico modo perché le vittime ottengano giustizia è processare al-Bahsir di fronte al Tribunale penale internazionale“.
Nel contempo, è fondamentale che le autorità sudanesi assicurino che al-Bashir e le altre persone arrestate dopo il colpo di stato siano protetti dalla tortura, che è la norma nelle prigioni sudanesi.
“Oltre 10 anni dopo il primo mandato di cattura emesso nei suoi confronti, è il momento che al-Bashir affronti la giustizia del Tribunale penale internazionale“, ha commentato Nyanyuki.
Il Tribunale penale internazionale ha emesso due mandati di cattura contro al-Bashir ritenendo che vi fossero ragionevoli motivi per credere che, insieme ai crimini di guerra e ai crimini contro l’umanità (tra cui omicidio, sterminio e stupro) egli abbia anche commesso genocidio contro i gruppi etnici fur, massalit e zaghawa.
Amnesty International ha invitato gli stati a non sabotare le aspettative di giustizia delle vittime offrendo asilo ad al-Bashir.