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“Ci sono criminali ovunque io guardi. La situazione è disperata“.
Il 16 ottobre 2017, Daphne Caruana Galizia, la più nota giornalista investigativa maltese, moriva a seguito dell’esplosione della sua automobile a Bidnija, nella parte settentrionale dell’isola di Malta. Le sue parole, apparse nel suo ultimo articolo pubblicato sul suo blog, suonano ormai come una triste profezia.
Daphne Caruana Galizia, la cui carriera era iniziata nel 1987 sulle pagine del Times of Malta, gestiva Running Commentary, un blog molto popolare chiamato attraverso il quale denunciava casi di presunta corruzione a Malta. Aveva seguito l’inchiesta internazionale sui MaltaFiles, secondo la quale la piccola isola del Mediterraneo sarebbe diventata un paradiso fiscale all’interno dell’Unione europea. Nel 2017 era stata la prima a denunciare il coinvolgimento dei politici maltesi Konrad Mizzi e Keith Schembri nei traffici descritti nei Panama Papers, lavoro che le è valso il premio Pulitzer nel 2017. Tra i bersagli della giornalista anche il primo ministro maltese, Joseph Muscat, che ha definito l’attentato “un barbarico attacco alla libertà di stampa“.
Secondo la stampa maltese, Daphne Caruana Galizia aveva denunciato alla polizia di aver ricevuto minacce di morte quindici giorni prima di morire.
Ad oltre due anni dalla sua morte, la verità su questo brutale omicidio sta venendo a galla.
Matthew Caruana Galizia, il primogenito di Daphne, lavora anche lui come giornalista per il Consorzio di giornalismo investigativo che ha scoperto lo scandalo dei Panama Papers.
Poco dopo la terribile scoperta della morte della madre scriveva un lungo post su Facebook:
“Non dimenticherò mai quella corsa nei campi divenuti un inferno, cercavo un modo per aprire la portiera dell’auto, il clacson che suonava… Urlavo ai due poliziotti di usare l’unico estintore che tenevano in mano. Ho guardato a terra, c’erano pezzi del corpo di mia madre dappertutto. Ho capito che avevano ragione, non c’era più niente da fare. ‘Chi c’è in macchina?’, mi hanno chiesto. ‘Mia madre’, ho risposto. È morta. È morta per la vostra incompetenza“.
“Mia madre è stata assassinata perché si è trovata in mezzo, come molti altri giornalisti coraggiosi, tra la legge e coloro che cercano di violarla. Ma è stata colpita anche perché era l’unica a farlo. Ecco cosa accade quando le istituzioni dello stato sono incapaci: l’ultima persona che rimane in piedi spesso è un giornalista. E quindi è la prima persona che deve morire“.
Matthew non si è mai arreso e in questi anni ha lottato per far uscire la verità sull’omicidio della madre. Reporter affermato anche lui, nel 2018 ha deciso di lasciare il suo precedente impiego per continuare a lavorare sul caso intorno all’assassinio di Daphne.
Il suo impegno instancabile, la sua ostinazione e la capacità di farsi “attivista” per i diritti umani, gli hanno permesso di scalare le difficoltà e i troppi silenzi, per giungere all’agognata verità.
Ora manca ancora un pezzo di strada, l’ultimo, per onorare la memoria di una giovane, grande, giornalista.