Onu, la moratoria sulla pena di morte deve essere sostenuta

6 Novembre 2010

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La 65° sessione dell’Assemblea generale dell’Onu sta attualmente esaminando la bozza di risoluzione A/C.3/65/L.23 per una moratoria sulla pena di morte. Questa è la terza risoluzione in materia dal 2007.

Amnesty International ha accolto con favore la decisione degli attuali 78 stati di tutte le regioni del mondo di cosponsorizzare questa risoluzione, ed esorta un numero maggiore di stati a sostenerla. L’organizzazione per i diritti umani, inoltre, sollecita gli stati a opporsi a ogni emendamento che potrebbe modificare l’obiettivo centrale della risoluzione: ottenere una moratoria sulle esecuzioni, in vista dell’abolizione della pena di morte.

Quando l’Onu venne fondata, nel 1945, solo otto stati avevano abolito la pena di morte per tutti i reati. Oggi non meno di 136 su 192 stati membri delle Nazioni Unite sono abolizionisti per legge o nella pratica. Tra questi anche l’Argentina e l’Uzbekistan, che sono diventati abolizionisti per tutti i reati nel 2008, seguiti da Burundi e Togo nel 2009.

Dei 53 stati membri dell’Unione africana, 49 non hanno effettuato esecuzioni nel biennio 2008-2009. Nel 2009, in Asia, per la prima volta da diversi anni, non ci sono state esecuzioni in Afghanistan, Indonesia, Mongolia e Pakistan La zona Europa – Asia centrale è quasi libera dalla pena di morte: la Bielorussia è il solo paese che ancora esegue sentenze capitali. Nelle Americhe, solo gli Stati Uniti applicano regolarmente la pena di morte, ma il numero di esecuzioni ogni anno è diminuito di circa la metà rispetto a un decennio fa. Per quanto riguarda la regione Medio Oriente – Africa del Nord, negli ultimi anni non vi sono state notizie di esecuzioni in Algeria, Libano, Marocco e Tunisia.

Dal 1959 l’Assemblea generale dell’Onu adotta risoluzioni allo scopo di limitare il ricorso alla pena capitale in vista della sua abolizione. Tra queste, la risoluzione 235-XXVI (1971) e la 32/61 sulla pena capitale (1977), hanno affermato la volontà di abolire la pena di morte in tutti i paesi. Nel 2007, la risoluzione 62/149 ha chiesto agli stati di stabilire una moratoria sulle esecuzioni in vista dell’abolizione della pena di morte; questa richiesta è stata riaffermata dalla risoluzione 63/168, adottata dall’Assemblea generale nel 2008.

La risoluzione di quest’anno, che reitera la richiesta di una moratoria sulle esecuzioni, costituisce un significativo e tempestivo passo avanti per realizzare la visione dell’Assemblea generale di un mondo libero dalla pena di morte.

Informazioni aggiuntive

Pena di morte, diritti umani e giustizia penale

Quando le risoluzioni 62/149 e 63/168  per una moratoria sulle esecuzioni sono state discusse in seno alla terza Commissione dell’Assemblea generale dell’Onu, rispettivamente nel 2007 e 2008, alcuni stati hanno argomentato che la pena di morte è una questione di giustizia penale e non di diritti umani. È insostenibile asserire che le questioni di giustizia penale siano distinte da quelle dei diritti umani. La Dichiarazione universale dei diritti umani e il Patto internazionale sui diritti civili e politici (Iccpr) prevedono chiaramente diverse forme di protezione per chi sia soggetto al sistema di giustizia penale, per quanto riguarda l’arresto, la detenzione, il processo e la pena. Mentre l’uso della pena di morte non è esplicitamente proibito dall’Iccpr, l’articolo 6 comma 6 afferma chiaramente che ‘nulla in questo articolo potrà essere invocato per ritardare o impedire l’abolizione della pena capitale da parte di uno stato parte al presente Patto’.

Inoltre, l’Onu ha chiaramente riconosciuto la pena di morte come una questione che riguarda i diritti umani. Per esempio, la risoluzione 32/61 (1977) dell’Assemblea generale, adottata per consenso, ha confermato il ‘continuo interesse delle Nazioni Unite nello studio della questione della pena capitale in vista della promozione del pieno rispetto del diritto alla vita di ogni persona’.

Pena di morte e giurisdizione nazionale

Alcuni stati sostengono che le risoluzioni per una moratoria sulle esecuzioni costituiscano un’interferenza non dovuta negli affari interni e rappresentino l’imposizione della visione di alcuni stati su altri.

Secondo l’articolo 1 della Carta delle Nazioni Unite, tuttavia, uno degli scopi dell’Onu è il raggiungimento di ‘una cooperazione internazionale nel risolvere i problemi internazionali di carattere economico, sociale, culturale e umanitario, e nel promuovere e incoraggiare il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali’. Secondo l’articolo 5 della Dichiarazione finale della Conferenza mondiale sui diritti umani di Vienna del 1993, è obbligo degli stati promuovere e proteggere tutti i diritti umani e le libertà fondamentali, a prescindere dai loro sistemi economici, sociali e culturali.

Pena di morte e deterrenza

Gli studi scientifici non sono mai riusciti a trovare una prova convincente che la pena di morte abbia un effetto deterrente maggiore rispetto ad altre pene. Il più approfondito studio eseguito dall’Onu (E/AC.57/1988/CRP.7) sulla relazione tra la pena di morte e i tassi di omicidi ha concluso: ‘.. la ricerca non è riuscita a fornire prove scientifiche che le esecuzioni abbiano un maggior effetto deterrente rispetto all’ergastolo. È improbabile che le fornirà in futuro. Le prova a livello globale ancora non danno alcun sostegno positivo alle ipotesi della deterrenza’.

Il fatto che non esistano prove chiare a sostegno della deterrenza specifica della pena di morte mostra l’inutilità e il pericolo di dipendere dalle ipotesi della deterrenza per costruire politiche basate sulla pena di morte

Pena di morte ed errore giudiziario

Diversamente dalle condanne a pena detentiva, la pena di morte implica il rischio di errori giudiziali che non possono essere corretti. Ci sarà sempre il rischio di mettere a morte prigionieri innocenti.

Alcuni stati sotengono che il loro sistema legale prevede sufficienti salvaguardie per scongiurare ogni errore giudiziario. Tuttavia, nessun sistema penale è infallibile e ci sono stati troppi casi in cui sono emersi gravi dubbi sulla colpevolezza di un detenuto che era stato messo a morte. La pena capitale porta con sé il rischio intrinseco di mettere a morte una persona innocente. Le vittime innocenti non possono essere riportate in vita.

Trasparenza sull’uso della pena di morte

Nei paesi che mantengono la pena di morte, è cruciale che gli stati forniscano informazioni sui casi in cui si ricorre alla pena di morte. La trasparenza sull’uso della pena capitale aiuta ad assicurare adeguata applicazione delle salvaguardie che garantiscono un processo equo e impediscono la privazione arbitraria della vita. Questo permette agli imputati, compresi coloro che rischiano l’esecuzione, nonché all’opinione pubblica di essere pienamente informati in ogni fase del processo e aiuta chi deve prendere decisioni a farlo in modo informato riguardo alla sua abolizione dalla legislazione.

 

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