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“Questa vergognosa decisione non ha nulla a che fare con le necessità delle persone che rischiano le loro vite in mare. Ha tutto a che fare, invece, con l’incapacità dei governi europei di trovare il modo di condividere le responsabilità del loro salvataggio“.
Matteo de Bellis, ricercatore di Amnesty International sull’immigrazione, ha commentato la decisione, ratificata il 27 marzo dai governi dell’Unione europea, di sospendere le attività di pattugliamento nel Mediterraneo previste dalla missione militare “Sophia”.
“Siamo di fronte a un’oltraggiosa abdicazione alle proprie responsabilità da parte dei governi dell’Unione europea – prosegue de Bellis –. Dopo aver usato ogni pretesto a loro disposizione per precludere il Mediterraneo alle navi di soccorso delle Ong e avendo già interrotto diversi mesi fa le loro operazioni di soccorso, i governi dell’Unione europea stanno ora togliendo le loro navi in modo che nessuno possa salvare le vite di uomini, donne e bambini in pericolo“.
“This shameful decision has nothing to do with the needs of people who risk their lives at sea, but everything to do with the inability of European governments to agree on a way to share responsibility for them.”https://t.co/ObaAXIFC5e
— Matteo de Bellis (@matteodebellis) 27 marzo 2019
La European Union Naval Force Mediterranean (Eunavfor Med), nota come missione “Sophia” è un’operazione militare avviata dall’Unione europea nel 2015 in conseguenza dei tragici naufragi avvenuti nell’aprile di quell’anno che hanno coinvolto diverse imbarcazioni che trasportavano migranti e richiedenti asilo dalla Libia.
“I governi dell’Unione europea continueranno a usare la sorveglianza aerea per allertare la Guardia costiera libica quando individueranno migranti e rifugiati in mare, in modo che vengano riportati in Libia, pur sapendo che lì verranno detenuti arbitrariamente e sottoposti a torture, stupri, uccisioni e sfruttamento – ha denunciato il nostro ricercatore –. Se le notizie di oggi sono corrette, è bene che i governi europei riconsiderino urgentemente la loro decisione e mantengano una capacità di soccorso in mare. Va stabilito un meccanismo per il rapido approdo e l’altrettanto rapida ricollocazione in Europa delle persone soccorse in mare e ogni ulteriore forma di cooperazione con la Libia dovrà essere subordinata alla chiusura dei centri di detenzione in quel paese“.