Pakistan: annullare la condanna a morte per un post “blasfemo”

12 Giugno 2017

© AAMIR QURESHI/AFP/Getty Images

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Il tribunale anti-terrorismo del Pakistan ha violato il diritto internazionale condannando a morte un uomo colpevole di aver pubblicato su Facebook un post giudicato “blasfemo“.

A ricordarlo, in una nota ufficialeNadia Rahman, ricercatrice sul Pakistan di Amnesty International: “Processare e condannare a morte una persona per aver pubblicato on-line materiale giudicato blasfemo – ha spiegato la ricercatrice – è una violazione del diritto internazionale che stabilisce un pericoloso precedente in Pakistan. Le autorità locali stanno usando leggi generiche e dai contenuti vaghi per criminalizzare la libertà d’espressione. Tutte le persone accusate di ‘blasfemia’ devono essere rilasciate immediatamente“.

Si tratta della prima condanna a morte per un reato informatico. Finora in Pakistan non sono ancora state eseguite condanne a morte per blasfemia.

La condanna si è basata sull’articolo 295.C del codice penale (uso di termini offensivi nei confronti del Sacro Profeta) e sugli articoli 9 e 11.W della Legge anti-terrorismo, che puniscono l’istigazione all’odio settario.

Nessuno dovrebbe essere portato di fronte a un tribunale, soprattutto un tribunale anti-terrorismo, per aver esercitato pacificamente i suoi diritti alla libertà d’espressione e alla libertà di pensiero, opinione, religione o credo – ha concluso Rahman –. È terribile pensare che, in casi del genere, si sia pronti a usare la pena di morte, una punizione crudele e irreversibile di cui la maggior parte del mondo ha deciso di fare a meno“.

Leggi sulla blasfemia: il rapporto

Nel dicembre 2016 il rapporto  ‘As good as dead’ The impact of the blasphemy laws in Pakistan si spiega come le leggi sulla blasfemia si prestino all’abuso e violino gli obblighi internazionali del Pakistan di rispettare e proteggere tutta una serie di diritti umani, come le libertà di religione, credo, opinione ed espressione. Le leggi sulla blasfemia vengono usate per colpire alcune tra le persone più vulnerabili, come i bambini, le persone con disabilità mentale, gli appartenenti alle minoranze religiose e i poveri.