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Il 2 marzo 2011 Paul Bhatti, l’unico ministro di religione cristiana del governo federale pachistano e uno dei pochi esponenti politici del paese favorevole a riformare le controverse leggi sulla blasfemia, veniva assassinato da un commando di uomini armati nella capitale Islamabad. I talebani pachistani rivendicarono l’omicidio. Due mesi prima, a gennaio, era stato ucciso il governatore del Punjab, Salmaan Taseer, a sua volta critico nei confronti di quelle leggi.
A un anno di distanza, i responsabili dell’omicidio non sono stati ancora portati di fronte alla giustizia e non vi sono segnali che ciò avverrà nel breve periodo.
Il posto di ministro per le Minoranze rimane vacante, esempio drammaticamente evidente della mancanza d’azione del governo di fronte ai continui episodi di violenza contro le minoranze. L’ultimo risale al 28 febbraio, quando 18 musulmani sciiti sono stati uccisi nel distretto di Kohistan, dopo che l’autobus su cui viaggiavano è stato fermato e i passeggeri sono stati separati gli uni dagli altri in base alla loro religione.
Le leggi sulla blasfemia, nella loro attuale formulazione, risalgono alla dittatura militare degli anni Ottanta e prevedono l’ergastolo e addirittura la pena di morte per chi è giudicato colpevole di aver offeso o insultato il Corano o il Profeta Maometto. In termini relativi, gli appartenenti alle minoranze religiose sono sproporzionalmente colpiti dalle leggi, ma il numero maggiore di condannati appartiene alla maggioranza musulmana. Da questo punto di vista, le leggi sulla blasfemia costituiscono una minaccia alla libertà d’espressione di tutta la popolazione del Pakistan.