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Il 4 novembre 2014 una coppia di cristiani è stata uccisa da una folla di facinorosi alla periferia di Lahore, in Pakistan. I corpi dell’uomo e della donna, accusati di blasfemia per aver profanato una copia del Corano (una circostanza tutta da chiarire), sono stati poi gettati nelle fiamme del forno di mattoni dove la coppia lavorava.
‘Questa vergognosa azione è solo l’ultimo esempio della minaccia costituita da gruppi di privati cittadini nei confronti di persone, appartenenti alle minoranze religiose, accusate di blasfemia. Chiediamo al governo pakistano di proteggere le comunità a rischio’ – ha dichiarato David Griffiths, vicedirettore del programma Asia e Pacifico di Amnesty International.
‘Questa violenza è alimentata dalle repressive leggi contro la blasfemia, che seminano la paura tra le minoranze religiose. Una semplice accusa di blasfemia può bastare per mettere in pericolo una persona e la sua comunità d’appartenenza. Nel caso di Lahore, la folla è stata al tempo stesso giudice, giuria ed esecutrice della sentenza’ – ha aggiunto Griffiths.
‘Le leggi contro la blasfemia violano gli standard e le norme del diritto internazionale e devono essere urgentemente modificate. La mancanza di azione del governo per fermare la violenza in nome della religione fa sentire ognuno autorizzato a compiere azioni vergognose e giustificarle come necessarie per difendere la sensibilità religiosa’ – ha sottolineato Griffiths.
Il governo del Punjab ha istituito una commissione d’indagine sull’uccisione della coppia di cristiani e ha ordinato alla polizia di aumentare la protezione della comunità cristiana in tutta la provincia.’È una risposta incoraggiante, ma vogliamo vedere i risultati dell’indagine. Il clima d’impunità per le violenze contro le minoranze religiose è dominante e troppo spesso i responsabili non sono processati’ – ha concluso Griffiths.
Le leggi contro la blasfemia sono alla base della condanna di Asia Bibi, 45enne madre di cinque figli, riconosciuta colpevole nel 2010 e condannata a morte ai sensi della sezione 295c del codice penale del Pakistan con l’accusa di aver insultato il profeta Maometto durante un alterco con una donna musulmana. Il 16 ottobre, la Corte d’appello ha confermato la condanna. Amnesty International ha lanciato un appello per la sua liberazione.