Paraguay, le voci ignorate delle sopravvissute alla violenza sessuale

1 Dicembre 2021

Bichofeo Estudio/Amnesty International

Tempo di lettura stimato: 3'

Un rapporto di Amnesty International diffuso mercoledì 1° dicembre ha rivelato come il sistema legislativo e giudiziario del Paraguay non cerchi di affrontare le cause di fondo della violenza sessuale, non fornisca giustizia alle sopravvissute allo stupro e non consenta l’interruzione di gravidanza neanche quando è dovuta alla violenza sessuale.

Si tratta, secondo l’organizzazione per i diritti umani, di “una crisi monumentale”. Nel 2019 l’ufficio del Procuratore generale ha ricevuto in media 12 denunce al giorno di violenza sessuale ai danni di bambine e ragazze. Gli esperti ritengono che per ogni due denunce presentate, ne manchino altre dieci.

La maggior parte degli stupri si verifica in ambienti familiari e spesso dà luogo a gravidanze. Tra il 2019 e il 2020 sono state registrate almeno 1000 nascite da madri quattordicenni o di età inferiore. Queste gravidanze precoci possono essere state causate da scarsa informazione o mancato accesso ai servizi di salute sessuale e riproduttive ma sicuramente chiamano in causa la violenza sessuale.

Come se non bastasse, il Paraguay ha una delle più restrittive leggi in materia di aborto del continente americano. Salvo quando la vita della donna incinta sia in pericolo, in tutti gli altri casi interrompere la gravidanza è un reato punito col carcere.

Di conseguenza, molte ragazze finiscono per andare a vivere coi loro violentatori o vengono ospitate in strutture per adolescenti dove ricevono enormi pressioni per portare a termine la gravidanza.

Nel 2018 è entrata in vigore la legge 6202, con l’obiettivo di prevenire la violenza sessuale e fornire cure alle bambine e alle adolescenti sopravvissute allo stupro. Ma è sostanzialmente rimasta sulla carta. Nello stesso anno le autorità hanno anche sospeso i programmi di Educazione sessuale. Un anno prima, il ministro dell’Istruzione e della scienza aveva introdotto il divieto di “diffondere e usare materiale sulla teoria o sull’ideologia del gender nelle strutture scolastiche”.