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La decisione presa il 18 gennaio dal parlamento norvegese di respingere una proposta di sospensione temporanea dei rimpatri dei richiedenti asilo afgani è, per Amnesty International, un atto di profondo disprezzo per la vita di coloro che fuggono dalla guerra e dalla persecuzione.
Il parlamento di Oslo ha anche respinto una proposta che aumentava il numero dei criteri da soddisfare prima di decidere di rinviare una persona nel paese dal quale era fuggita. Se approvata, la proposta avrebbe avvicinato la procedura norvegese agli standard internazionali.
“È un giorno triste per gli afgani che vivono in Norvegia e, insieme, l’amara indicazione che i politici di uno dei paesi più ricchi al mondo hanno perso la loro compassione. La vita in Afghanistan è piena di pericoli quali gli attentati, i rapimenti e le persecuzioni, e rimandarvi le persone è crudele e immorale“, ha dichiarato Charmain Mohamed, direttore del programma Diritti dei migranti e dei rifugiati di Amnesty International.
“Non solo è profondamente irresponsabile obbligare le persone a tornare in mezzo ai pericoli, ma è anche illegale. La Norvegia aveva l’opportunità di dimostrarsi un paese leader nel rispetto dei diritti umani: quell’opportunità l’ha buttata via pregiudicando il futuro di centinaia di richiedenti asilo afgani“, ha proseguito Mohamed.
La Norvegia, sia in rapporto alla sua popolazione che in termini assoluti, rimpatria più afgani di ogni altro paese europeo. Secondo le autorità di Kabul, il 32 per cento (97 su 304) degli afgani rimpatriati nei primi quattro mesi del 2017 provenivano dalla Norvegia.
L’Afghanistan rimane un paese estremamente pericoloso. Il numero delle vittime civili ha raggiunto livelli record nel 2017. Neanche un mese fa una bomba nel centro di Kabul ha ucciso almeno 40 persone in quello che è apparso un attacco deliberato contro gli studenti.
In un rapporto dello scorso anno Amnesty International ha denunciato casi di afgani rimpatriati dai paesi europei, Norvegia compresa, che sono stati uccisi o feriti in attentati o che vivono nel costante timore di subire persecuzioni.
Tra gli afgani su cui la decisione del Parlamento rischia di produrre conseguenze c’è Taibeh Abbasi, una ragazza di 18 anni residente nella città di Trondheim, il cui caso ha dato vita a grandi proteste studentesche. Taibeh è nata in Iran e non ha mai visto l’Afghanistan, dove ora ha il terrore di essere rinviata.
Lo scorso ottobre, nel corso di una manifestazione, aveva dichiarato:
“Non c’è un futuro per me e i miei fratelli in Afghanistan. Subiremo discriminazione e proveremo sulla nostra pelle cosa vuol dire essere una minoranza a rischio, soprattutto io che sono una donna. I miei sogni di terminare gli studi e avere una professione saranno distrutti“.
FINE DEL COMUNICATO
Roma, 18 gennaio 2018
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