Tempo di lettura stimato: 8'
In una conferenza stampa ad Abuja, Amnesty International ha presentato un nuovo rapporto sulla pena di morte in Nigeria, intitolato ‘Aspettando il boia’, in cui sollecita il governo ad adottare un’immediata moratoria sulle esecuzioni. Nel rapporto si legge che centinaia di persone in attesa dell’esecuzione non hanno ricevuto un processo equo e potrebbero dunque essere innocenti. L’organizzazione per i diritti umani ha esposto un ‘campionario di fallimenti’ del sistema giudiziario nigeriano, ‘dominato da corruzione, negligenza e una quasi criminale mancanza di risorse’.
Il rapporto è stato redatto in collaborazione con Legal defence and assistance project (Ledap), un’organizzazione legale nigeriana che promuove pratiche di buon governo e il primato della legge nel paese.
‘È davvero orribile immaginare quante persone innocenti siano già state e potrebbero ancora essere messe a morte. Il sistema giudiziario è pieno di lacune che possono avere effetti devastanti e, nel caso dei reati capitali, conseguenze mortali e irreversibili‘ – ha dichiarato Aster van Kregten, ricercatrice di Amnesty International sulla Nigeria.
Di seguito alcune delle conclusioni più preoccupanti del rapporto di Amnesty International e Ledap:
confessioni: la maggior parte delle condanne a morte si basa unicamente su confessioni e queste sono spesso estorte con la tortura;
tortura: sebbene proibita, la polizia la pratica quotidianamente; quasi l’80 per cento della popolazione carceraria ha denunciato di essere stato picchiato, minacciato con le armi o torturato dalla polizia;
ritardi: i processi capitali posso durare oltre 10 anni, alcuni appelli sono in corso da 14, 17 o addirittura 24 anni;
negligenza: molti condannati a morte non possono presentare appello perché i loro fascicoli processuali sono andati persi;
condizioni: la vita nei bracci della morte è estremamente dura; i prigionieri che hanno esaurito gli appelli vengono posti in celle dalle quali assistono alle esecuzioni e, dopo un’impiccagione, vengono obbligati a pulire il cappio;
minorenni: nonostante il diritto internazionale vieti l’uso della pena di morte nei confronti di criminali minorenni, almeno 40 prigionieri in attesa dell’esecuzione avevano tra 13 e 17 anni al momento del presunto reato.
‘La polizia lavora sotto pressione e con poche risorse e ciò la spinge a puntare quasi tutto sulle confessioni per ‘risolvere’ i casi, piuttosto che su indagini dispendiose‘ – ha commentato van Kregten.
‘La legge nigeriana prevede che una confessione estorta sotto pressione, minacce o tortura non possa essere usata come prova in tribunale. I giudici sanno che c’è un vasto ricorso alla tortura da parte della polizia, eppure continuano a infliggere condanne basate sulle confessioni, mandando incontro alla morte molti possibili innocenti‘ – ha aggiunto Chino Obiagwu, coordinatore nazionale di Ledap.
A causa dell’elevata criminalità, la polizia è messa sotto pressione per fare arresti veloci. Talvolta, se non riesce ad arrestare un sospettato, prende la moglie o il fratello se non addirittura un testimone.
Il rapporto di Amnesty International racconta il caso di Jafar, 57 anni, in carcere dal 1984. Ha presentato appello contro la condanna a morte 24 anni fa ma, poiché il suo fascicolo è stato smarrito, è ancora in attesa che sia esaminato. ‘Non sono un rapinatore, ma un calzolaio. Ho acquistato un motorino da un tizio che l’aveva rubato. La polizia mi ha chiesto di testimoniare. Hanno preso l’uomo che me l’aveva venduto e gli hanno sparato. Da quel momento, io sono diventato il sospettato‘ – ha raccontato ad Amnesty International.
‘Le centinaia di persone già messe a morte o in attesa di esecuzione hanno qualcosa in comune: sono poveri’ – ha sottolineato Obiagwu. ‘Quando parliamo con i prigionieri nel braccio della morte, emerge chiaramente che la questione dell’innocenza o della colpevolezza è irrilevante per il sistema penale nigeriano. Dipende solo se sei in grado di pagare per tenerti alla larga da quel sistema: pagare la polizia perché indaghi adeguatamente sul tuo caso, pagare un avvocato che ti difenda, pagare qualcuno perché aggiunga il tuo nome all’elenco delle persone che possono ricevere la grazia. Chi ha minori risorse corre i rischi maggiori‘.
Molti prigionieri in attesa di processo o nel braccio della morte hanno riferito ad Amnesty International e a Ledap che la polizia al momento dell’arresto ha chiesto soldi per lasciarli andare; chi non era in grado di pagare è stato incriminato per rapina a mano armata.
Altri prigionieri nel braccio della morte hanno detto di essere stati arrestati quando si erano recati a una stazione di polizia per denunciare un crimine cui avevano assistito. La polizia ha chiesto soldi per rilasciarli. In altri casi, la polizia chiede denaro per la benzina, senza la quale non può andare a trovare testimoni o esaminare alibi.
Ulteriori informazioni
Alla fine di febbraio, nei bracci della morte della Nigeria si trovavano 736 persone (725 uomini e 11 donne), di cui almeno 40 minorenni all’epoca del presunto reato. Il 55 per cento delle condanne a morte si riferisce a omicidio, il 38 per cento a rapina a mano armata, l’8 per cento a furto. Un prigioniero si trova nel braccio della morte da 24 anni, sette da oltre 20 anni e 28 da oltre 15 anni. Il 47 per cento dei prigionieri è in attesa dell’esito dell’appello, un altro 41 per cento non ha mai presentato un appello contro la condanna a morte. Il 6 per cento di coloro che hanno presentato appello è in attesa dell’esito da oltre 20 anni, il 25 per cento da oltre 5 anni.
Le esecuzioni in Nigeria sono avvolte dal segreto. Il governo non segnala ufficialmente esecuzioni dal 2002 sebbene sia emerso che almeno 7 prigionieri (tra cui 6 che non avevano mai presentato appello) siano stati messi a morte nel 2006.
FINE DEL COMUNICATO Roma, 21 ottobre 2008
Il rapporto in inglese ‘Aspettando il boia’ è disponibile on line e presso l’Ufficio stampa di Amnesty International Italia.
Per ulteriori informazioni, approfondimenti e interviste:
Amnesty International Italia – Ufficio stampa
Tel. 06 4490224 – cell. 348-6974361, e-mail: press@amnesty.it
Campagna ‘No alla pena di morte’
Giornata mondiale contro la pena di morte
Comunicato stampa ”Morte per discriminazione’: nuovo rapporto di Amnesty International sulla pena capitale in Arabia Saudita‘
Comunicato stampa ‘Giornata mondiale contro la pena di morte. Asia: Amnesty International chiede di fare passi avanti verso l’abolizione‘