Pensieri e impressioni da Lampedusa – Post di Maria Giusi, studentessa in diritto dell’uomo ed etica della cooperazione internazionale, Soprà (BG)

1 Agosto 2011

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29 luglio 2011

‘Quando ero piccolo, seguivo mio padre, pescatore, nelle sue uscite verso le coste tunisine; lampedusani e tunisini pescavano nello stesso mare, lo stesso pesce azzurro con le stesse reti. Spesso ci fermavamo in qualche porto tunisino per qualche giorno, e giocavo con i bambini del posto, dove ho imparato la loro lingua.’

Lampedusa, mercoledì pomeriggio, sotto un sole cocente e in una via Roma quasi deserta, il signor Giuseppe, come ogni persona con tanti anni di vita da raccontare, ha subito iniziato a mostrarmi attraverso i suoi occhi come ha vissuto l’arrivo dei migranti tunisini. Li vedeva girare per il paese, e ogni giorno dava loro un euro e una parola nel suo tunisino dei ricordi d’infanzia. Con gli occhi ancora lucidi, e un sorriso pieno di esperienze, mi ha raccontato di come, durante quelle giornate di metà febbraio, a fargli compagnia ci fossero dei ragazzi un po’ cresciuti che giocavano di fronte a casa sua, in piazzetta, e che chissà… forse erano i nipoti di quei bambini con cui un tempo aveva giocato lui. Nella squadra dei lampedusani quest’anno a giocare c’era anche un altro Giuseppe, il nipote che porta il suo nome e che spontaneamente ha pubblicato le foto del ‘derby mediterraneo’ nel suo profilo Facebook. E la storia di incontro fra tunisini e lampedusani si ripete… Lampedusa è Italia, Lampedusa è Europa, ma durante la sua vita Giuseppe è stato più volte in Tunisia che ‘in continente’, insomma due terre con soltanto un mare di mezzo.

Il signor Giuseppe è però deluso, dice che la sua bella isola è ‘k.o., non ci sono turisti nella via principale del paese, mentre fino all’estate scorsa non si riusciva nemmeno a camminare’.
‘Lampedusa vive, oltre che di turismo, anche di pesca, e mi piace vedere i migranti come i pesci di mare, con il diritto di potersi muovere liberamente e ovunque; fino a quando non succede che in alto mare, lontano dalle coste, le reti si trasformano in C.I.E., che come ai pesci tolgono la vita, ai migranti tolgono la libertà.’

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