Perché diciamo no alla prassi dei porti lontani e al decreto legge n. 1/2023

1 Febbraio 2023

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Nel 2022, oltre 2000 persone hanno perso la vita nel Mediterraneo centrale mentre cercavano di raggiungere l’Europa in cerca di protezione internazionale o di una vita migliore.

Nel dicembre 2022 il governo italiano ha adottato due disposizioni che riguardano le navi delle organizzazioni non governative (Ong) che pattugliano il Mediterraneo centrale e soccorrono le persone in difficoltà.

La prima è la nuova prassi dei “porti lontani”, che impone alle navi delle Ong che trasportano rifugiati e migranti soccorsi in mare di far sbarcare le persone nei porti dell’Italia centrale e settentrionale, compreso il Mar Adriatico: porti particolarmente distanti dalle posizioni in cui generalmente vengono effettuati i salvataggi.

La seconda disposizione riguarda un nuovo decreto legge: il n. 1/2023 del 2 gennaio 2023, che introduce una serie di requisiti aggiuntivi per le navi di soccorso delle Ong. La combinazione di queste due misure riduce significativamente la capacità delle navi di soccorso di pattugliare le aree del Mediterraneo centrale, dove è più probabile che avvengano naufragi.

La prassi dei “porti lontani” e il decreto legge sopra citato minano l’integrità del sistema di salvataggio in mare. Il diritto e gli standard internazionali richiedono agli stati di assegnare un porto sicuro in cui le persone soccorse possano sbarcare il prima possibile dopo il salvataggio; assicurare che le navi di tutti gli stati godano del diritto di passaggio inoffensivo attraverso il mare territoriale; garantire un ambiente sicuro e favorevole in cui i difensori dei diritti umani possano operare senza timore di rappresaglie.

Come altre misure adottate in passato al fine di ridurre la presenza di navi di soccorso nel Mediterraneo centrale, i due provvedimenti adottati dal governo italiano rischiano di aumentare le perdite di vite umane e di causare violazioni dei diritti umani delle persone bloccate o soccorse in mare, imponendo inoltre sanzioni a chi si è legittimamente impegnato in operazioni di salvataggio. Aumentano dunque le sofferenze delle persone soccorse e offrono nuovi strumenti alle autorità che intendono imporre sanzioni amministrative contro i difensori dei diritti umani, con l’obiettivo di ostacolarne le legittime e preziose attività.

Amnesty International deplora il fatto che queste misure prendano di mira le Ong e non affrontino invece le questioni chiave che portano alle violazioni dei diritti umani documentate nel Mediterraneo centrale, come l’incapacità degli stati europei di agire in linea con il diritto e gli standard internazionali; la loro riluttanza a cooperare al fine di garantire sbarchi tempestivi e meccanismi di condivisione delle responsabilità per l’assistenza a rifugiati e migranti; e i loro sforzi per strumentalizzare le operazioni di ricerca e soccorso e assicurare che il maggior numero possibile di persone venga sbarcato in Libia, nonostante non possa essere considerato un paese sicuro.

Amnesty International chiede alle autorità italiane di porre urgentemente fine a queste misure.

Il testo integrale, in in lingua inglese, di questo documento è disponibile a questo link.