Più vicini che mai a un mondo senza pena di morte

28 Giugno 2019

Tempo di lettura stimato: 3'

di Chiara Sangiorgio, esperta di pena di morte di Amnesty International

Quando parliamo di pena di morte nel mondo, non capita spesso che sia per condividere una buona notizia.

Il nostro rapporto globale sulle esecuzioni e sentenze capitali nel 2018, tuttavia, di buone notizie ne contiene molte e ci lascia fiduciosi che stiamo vincendo la lotta contro il boia.

Il numero totale di esecuzioni che abbiamo documentato nel 2018 è calato infatti del 31 per cento rispetto all’anno precedente, da 993 esecuzioni registrate nel 2017 a 690 nel 2018. Ancora più significativo, però, è che questa cifra rappresenta il totale annuale più basso che abbiamo riportato da almeno 10 anni: una chiara conferma che è solo una questione di tempo, prima che la pena di morte diventi parte del nostro passato.

La diminuzione delle esecuzioni è in larga parte attribuibile ai cali in alcuni dei paesi che hanno notoriamente usato la pena di morte in modo massiccio. Tra questi l’Iran, le cui esecuzioni l’anno scorso si sono dimezzate a seguito di modifiche alla legge sul controllo del traffico di droga; il Pakistan, che è passato da mettere a morte più di 300 persone in un anno, dopo l’attacco armato nel 2014 alla scuola militare di Peshawar, alle 14 dell’anno scorso; e infine l’Iraq e la Somalia, dove le esecuzioni si sono dimezzate rispetto al 2017.

Anche il numero dei paesi che hanno fatto ricorso al boia l’anno scorso si è abbassato a 20, tre in meno rispetto al 2017 e 11 rispetto a 20 anni fa.

Nel 2018, inoltre, il Burkina Faso è stato l’ultimo paese in ordine di tempo ad avere rimosso la pena di morte dal codice penale. Le autorità del Gambia e della Malesia hanno dichiarato una moratoria sulle esecuzioni.

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